Napoli, che reazione Visto De Laurentiis? Il Chievo si arrende
Insigne, Hamsik e Zielinski fanno dimenticare il k.o. del Bernabeu. La stanchezza si sente ma la prova di gruppo è una risposta alle critiche del presidente
i è detto e si è scritto che la squadra sta con Maurizio Sarri e non con il presidente. Siccome, causa silenzio stampa imposto dall’alto, il gruppo non poteva comunicarlo a voce, trova il sistema più adatto per bucare il fuso orario e far arrivare anche a Los Angeles i gesti di una vittoria semplice nel risultato, non nelle previsioni e in alcuni tratti di match. Ma è diabolica la coincidenza tra i cori di insulti a De Laurentiis e la seconda rete del Napoli, quando il primo tempo deve ancora terminare. Allan, Insigne e Hamsik tolgono l’urlo di disapprovazione con un’azione testarda e finemente tecnica (il tocco di Lorenzo); dall’altra parte devono smettere di contestare per esultare, poi ricominciano. Ore 6.38 della California, chissà se al presidente, che là si è rifugiato, è andato di traverso il caffè.
MOTIVI Doveva essere la partita di scarico, soprattutto di tensione mentale, tra i malumori del Bernabeu e gli agguati del vicino futuro, con Atalanta e Roma in campionato, Juve e Real Madrid nelle due coppe. E il Napoli non l’affronta a mille, però riesce a far emergere un dominio sufficiente per accomodarsi nel finale ansimante con tre gol di vantaggio. La stanchezza europea si vede e colpisce parecchi giocatori; però il Chievo non riesce mai a riaprire i giochi, anche se dopo il 3-1 si accampa nell’area di Reina. Il Napoli è troppo avanti perché in precedenza era uscito dal pressing di Maran con la qualità di alcuni singoli e mesi di lezioni tattiche di Sarri. Per classe si intende quella di Lorenzo Insigne, sempre in gol nelle ultime cinque trasferte, su tutti i fronti, e uomo a tutto campo anche qui. Definizione talmente letterale che è lui a costruire con un passaggio sbagliato a centrocampo la prima occasione del Chievo. Dopo segna a giro, plasma il raddoppio, smista a Zielinski il 3-0 e nel frattempo fa parare anche Reina (svirgolata nella sua area). Il Chievo pressa a sei all’inizio dei due tempi e tiene lontani i rivali. I quali però usano il palleggio pulito e i soliti triangoli centro- lati per arrivare nell’altra trequarti. Quando difendono in quel settore, i veronesi, in affanno per il rientro dalla pressing, vengono saltati perché sono in inferiorità di uomini o di posizioni. Sette palle gol contro quattro: non soltanto le reti dimostrano che il risultato è giusto.
DOPPIO CHIEVO A questo punto di una stagione senza patemi di classifica, il campionato per il Chievo va visto come divertimento, sperimentazione, prospettiva. Ha più successo in trasferta, vedi le recenti vittorie su Lazio e Sassuolo, mentre in casa ha preso un punto nelle ultime quattro gare. Gli esperimenti, tipo Castro doppio trequartista ieri come domenica scorsa, danno a Maran più possibilità tattiche e aumentano il valore dei giocatori, che parta-
no o meno a giugno. Ma anche stavolta il tecnico cambia all’intervallo, perché la barriera più avanzata necessita di un’altra protezione dietro. Quindi da 4-3-2-1 passa a 4-4-2: dentro Meggiorini, attaccante, fuori Radovanovic centrale, con Hetemaj al suo posto e opzioni di 4-1-3-2. Dopo a Maran serve più qualità, perciò usa De Guzman e Gakpé per Castro e Inglese. I tre innesti sono i migliori, De Guzman e Meggiorini disegnano la rete con lancio ed esecuzione di esterno, tutto da applausi. La situazione migliora però non viene ribaltata perché quando il Napoli ha palla conquista spazi e posizioni di tiro nel solito posto, fasce e trequarti. L’azione quasi «alla mano» per il gol di Zielinski è l’esempio più visibile.
NAPOLI CAMBIATO Non sono soltanto i quattro cambi rispetto al Bernabeu (Maksimovic, Allan, Pavoletti e Jorginho) a dimostrare che in Italia le alternative per Sarri sono affidabili. Anche l’impronta di alcuni uomini chiave non manca. Vedi Hamsik per un’ora. I dubbi ancora circondano Pavoletti, ma sono quelle paure che pensi di poter superare. Cioè, non è stato preso un centravanti scarso, però si vede che è un tronco in mezzo a tanti ramoscelli. Non si sposta se non rallentando il meccanismo, mentre gli altri sono un fruscio continuo. Va intagliato, va adattato al sistema. Bisogna vedere se ne avrà il tempo o se diventerà un secondo Gabbiadini. L’altra nuvola riguarda Koulibaly, che è ancora svuotato dal tour africano: qui la sua durata è migliore, ma quando dà l’anima per recuperare su Birsa lanciato a rete, diventa poi un fantasma pericoloso. Chissà cosa ne pensano a Los Angeles.