LA JUVENTUS DEVE TUTELARE ALLEGRI
Detto che il mantra di Massimiliano Allegri è «nella vita ci vuole pazienza». Ricordato che gli anni di punzecchiature subite da Silvio Berlusconi al Milan lo hanno temprato. Chiarito che non ha bisogno di avvocati d’ufficio, visto come s’è «difeso» con Leonardo Bonucci, ci chiediamo una cosa. Ma è possibile che a ogni partita della Juventus ci sia un giocatore che, per un motivo o per l’altro, si senta in diritto di mandare a quel paese il proprio allenatore sotto gli occhi di svariate migliaia di spettatori e alcuni milioni di telespettatori? Una volta è Mandzukic che bofonchia, l’altra è Dybala che non gli dà la mano, poi c’è Lichtsteiner che dà i numeri o Marchisio che mette il broncio perché sostituito a un quarto d’ora dalla fine, o Khedira che fa il risentito o Higuain che s’incupisce. Fino appunto a Bonucci che sbraita e scappa negli spogliatoi, dopo aver mandato fuori dagli stracci il suo tecnico. E tutto questo, si badi bene, in una squadra avviata a vincere il 6° scudetto consecutivo (record dei record), che fra tre giorni sarà impegnata in un ottavo di Champions - dove ha vinto il proprio girone - e che ha già conquistato la semifinale di Coppa Italia, competizione vinta negli ultimi due anni: figuriamoci se le cose andassero male, cosa succederebbe al povero Allegri…
Ma c’è una cosa che è ancora più incredibile. E cioè che dopo la sceneggiata di venerdì Bonucci sia finito a rischio multa. Nel senso che le multe (o anche sanzioni più energiche) sarebbero già dovute arrivare a tutti quelli che l’hanno preceduto, oltre naturalmente all’ultimo della lista, che probabilmente a quel punto non ci sarebbe nemmeno stato. Ma ve l’immaginate cosa sarebbe successo nella Juve di Boniperti e dell’Avvocato se fosse accaduto un decimo di quello che s’è visto quest’anno? Lì nessuno fiatava, bastava un’occhiata di Boniperti per rimettere ognuno al suo posto. Nessuno si sarebbe mai sognato di sparare un «vaffa» in diretta a Trapattoni: era semplicemente inconcepibile. E non che le primedonne mancassero a quei tempi, fossero Bettega o Rossi, Causio o Tardelli, Platini o Boniek. Credo che a un presidente attento e presente come Andrea Agnelli e a un uomo di calcio navigato come Beppe Marotta non possa essere sfuggita la china pericolosa presa dalla loro brigata: qui, oltre al rispetto che si deve all’allenatore, c’è in ballo anche l’immagine di una società che ha sempre fatto dello stile un vanto e un marchio distintivo. Alla Juve la forma è sostanza: la società deve intervenire, occorre darsi una regolata anche se ci si chiama Higuain, Dybala, Mandzukic o Bonucci.