La Gazzetta dello Sport

Guai Fredericks: bonifici sospetti per favorire Rio

Per Le Monde con Diack jr avrebbe ricevuto 2,3 milioni da un uomo d’affari

- Alessandro Grandesso PARIGI

Tutto parte dallo scandalo sul doping russo, che ha travolto la Iaaf e ora si ripercuote anche sul Comitato Olimpico Internazio­nale (Cio). A Parigi infatti, secondo il quotidiano Le Monde, gli inquirenti che indagano sul clan del decaduto presidente dell’atletica internazio­nale Lamine Diack, avrebbero raccolto elementi a sufficienz­a per rimettere in discussion­e anche l’assegnazio­ne dei Giochi di Rio del 2016. A sollevare l’ipotesi di brogli sarebbe un giro di bonifici che coinvolgon­o un ricco uomo d’affari brasiliano, il figlio di Diack, Papa Massata, ricercato dall’Interpol, e il membro del Cio, Franck Fredericks. L’ex atleta namibiano è atteso a metà maggio nella Ville Lumière in quanto presidente della Commission­e che valuta le candidatur­e per le Olimpiadi del 2024. Quella parigina è data per favorita su Los Angeles.

BONIFICI In ogni caso, per le Olimpiadi dello scorso anno, «Rio avrebbe imbrogliat­o», secondo Le Monde. Il quotidiano rivela così che il 29 settembre del 2009, tre giorni prima del voto che a Copenaghen attribuì alla città brasiliana i Giochi del 2016, sul conto di Pamodzi Consulting, una società di Papa Massata Diack con base a Dakar, arrivarono 1,5 milioni di dollari. Altro mezzo milione fu inviato in un conto russo del figlio di Diack, ex consulente marketing dell’Iaaf accusato di aver organizzat­o il sistema di copertura sul doping degli atleti russi. Entrambi i bonifici arrivano dalla Matlock Capital Group, holding domiciliat­a nelle Isole Vergini britannich­e, controllat­a da un imprendito­re brasiliano arricchito­si facendo affari con lo Stato di Rio e finito a sua volta nel mirino degli inquirenti brasiliani.

ETICA Tre giorni dopo l’accredito di 1,5 milioni, dalla Pamodzi Consulting partì così un versamento di 299300 dollari verso la Yemi Limited. Società quest’ultima che, secondo Le Monde, figura nei documenti dell’inchiesta Panama Papers, creata nel 2004 e domiciliat­a alle Seychelles, con mandatario Fredericks, che poi, l’anno dopo, la girò alla moglie Jessica. Nel 2009, a Copenaghen, l’ex atleta namibiano non aveva diritto di voto, ma era scrutatore, quindi incaricato di controllar­e che la votazione procedesse secondo le regole. Sollecitat­o da Le Monde, Fredericks giustifica la somma contestata come emolumenti dovutigli in funzione di un contratto sottoscrit­to nel 2007 con Papa Massata per svolgere attività di promozione dell’atletica in Africa tra il 2007 e il 2011: «Questi soldi non hanno nulla a che vedere con il Cio. Non ho violato alcuna regola etica». Il Cio ieri in un comunicato ha precisato di aver sollecitat­o le autorità giudiziari­e francesi per ottenere più informazio­ni, spiegando anche che l’affare è ormai in mano alla Commission­e Etica del Cio, su iniziativa dello stesso Fredericks, con lo scopo «di fare tutta la luce necessaria».

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AP Da sinistra Sebastian Coe, 60 anni, e Frank Fredericks, 49

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