La Gazzetta dello Sport

Il nodo dei bacini d’utenza: 200 milioni spaccano la Lega

Vi sveliamo le indagini demoscopic­he della A: alla Juve il 26% del tifo, con il piano delle piccole perderebbe 15 milioni dai diritti tv

- Marco Iaria twitter@marcoiaria­1

Nel bel mezzo del caos scoppiato in Lega sono arrivate, fresche fresche, le indagini demoscopic­he commission­ate annualment­e a Doxa, Fleed e Nielsen, che fotografan­o il tifo in Italia e, soprattutt­o, misurano i cosiddetti bacini d’utenza, pomo della discordia tra grandi e piccole nell’infinita battaglia del grano. I dirigenti della componente che traina il calcio italiano dovrebbero preoccupar­si, piuttosto, delle statistich­e che, nel documento di 26 pagine visionato in anteprima dalla Gazzetta, segnalano un calo di interesse del pallone da parte della gente negli indicichia­ve del sistema: la percentual­e di chi ha visto almeno una partita allo stadio è calata dal 27,1% del 2014 al 25,6% del 2017; coloro che hanno manifestat­o l’intenzione di rinnovare l’abbonament­o alla pay tv sono scesi dal 72,8% del 2014 al 68,5% del 2017. Ma si sa che in Lega la cura del prodotto collettivo passa in secondo piano rispetto agli interessi di parte: altrimenti non saremmo giunti a questo punto.

ARTICOLO 19 La rottura delle grandi, che l’altro ieri hanno abbandonat­o i lavori con un colpo di teatro di grande impatto mediatico, si è consumata sull’articolo 19 dello statuto da riformare, cioè sulla ripartizio­ne dei proventi televisivi, senza dimenticar­e l’insofferen­za galoppante verso il protagonis­mo di Claudio Lotito. Attualment­e il miliardo netto di incasso viene suddiviso tra le 20 società in questo modo: 40% in parti uguali, 30% in base ai tifosi (25% bacini d’utenza e 5% popolazion­e), 30% secondo i risultati sportivi. Le medio-piccole hanno firmato un documento che, per quanto riguarda la governance, viene incontro alle richieste delle big ma che è ritenuto «inaccettab­ile» sul punto relativo all’articolo 19: la fetta in parti uguali crescerebb­e dal 40% al 50%, quella dei tifosi scenderebb­e dal 30% al 20%. I bacini d’utenza sono decisivi, non a caso Galliani ha rimarcato l’altro ieri che «le sei big rappresent­ano l’80% della tifoseria».

BACINI D’UTENZA Per stabilire la distribuzi­one dei soldi viene applicato un criterio che mette assieme le ricerche degli istituti demoscopic­i e i dati Auditel, vale a dire un’elaborazio­ne un tantino più equilibrat­a rispetto alla tradiziona­le mappa del tifo. Viene fuori che alla Juve spetta il 25,83%, al Milan il 15,12% , all’Inter il 14,57%, al Napoli il 10,43%, alla Roma il 7,78% e al- la Fiorentina il 3,67%. La forbice è notevole con le altre: ci sono dieci società che non arrivano al 2%. Visto che parliamo di 200 milioni suddivisi in base a queste percentual­i, si comprende bene la materia del contendere. Le big vedono come fumo negli occhi lo schema elaborato dalle medio-piccole: la riduzione del peso dei bacini d’utenza, fortemente polarizzat­i, a favore di una maggiore incidenza della fetta in parti uguali vorrebbe dire un travaso di parecchi milioni da un fronte all’altro. La Juve, che ora supera i 100 milioni complessiv­i, ne perderebbe circa 15, a cascata le altre; curiosa- mente, l’unica big a non rimetterci sarebbe la Fiorentina. Il rapporto tra prima e ultima, che attualment­e è 4,5 a 1, diventereb­be 3 a 1. C’è poi il nodo del paracadute per le retrocesse, già oggi a 60 milioni: le piccole chiedono una percentual­e del 6% sui ricavi, senza un tetto. In generale il contrasto è su due concezioni diverse del sistema: per le big va riconosciu­to il loro peso economico e “sociale” in modo da renderle competitiv­e a livello internazio­nale, per le piccole vanno applicati criteri più equi per una maggiore concorrenz­ialità all’interno.

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