La Gazzetta dello Sport

Difesa Dominello «Con Agnelli incontri leciti»

Al via il processo penale a Torino: Juve non indagata I legali di Rocco: «Non è un boss»

- Filippo Conticello INVIATO A TORINO

C’era un convitato di pietra ieri nel palazzo di giustizia di Torino: all’anno zero del processo Alto Piemonte, nonostante non ci siano dipendenti bianconeri indagati, la parola Juve rigirava nell’aria. Esplorando le infiltrazi­oni della ‘ndrangheta nel Torinese, l’inchiesta ha infatti svelato l’interesse dei clan nel bagarinagg­io allo Stadium. Ieri si è così tenuta a porte chiuse l’udienza preliminar­e con 84 capi d’accusa e 23 persone alla sbarra, tra cui Rocco Dominello. Ex ultrà incensurat­o, è figlio di un presunto ‘ndrangheti­sta e ora in custodia cautelare per concorso esterno: per i pm Paolo Toso e Monica Abbatecola avrebbe stretto un accordo col club per gestire una dotazione di biglietti in cambio della pace sociale in curva. C’era anche lui nelle gabbie della maxi aula 1 del tribunale durante la seduta sciolta dopo appena un’ora e mezza causa sciopero dei penalisti. I suoi tre avvocati, Domenico Putrino, Ivano Chiesa e Giuseppe Del Sorbo, sono intervenut­i sui presunti contatti (negati dalla Juve) tra il loro assistito e il presidente: «Agnelli ha detto di non aver mai incontrato boss? Ha ragione, qua la ‘ndrangheta non c’entra nulla: loro si sono incontrati più volte, sia a tu per tu, sia alla presenza di altri. Incontri leciti, alla luce del sole».

LA SCELTA Nell’udienza di ieri hanno fatto richiesta di costituzio­ne di parte civile il comune di Torino, la regio- ne Piemonte e Marco Bava, un piccolo azionista. Il padre di Rocco, Saverio, avrebbe pure voluto rendere una dichiarazi­one spontanea: gli sarà concesso martedì, alla ripresa del processo. Dominello jr, invece, non ha ancora deciso tra il rito abbreviato e il dibattimen­to: l’opzione B porterebbe i vertici Juve a testimonia­re pubblicame­nte. I suoi avvocati hanno comunque ribadito la volontà di querelare per diffamazio­ne Giuseppe Pecoraro: nel deferiment­o di 4 dirigenti (lo stesso Agnelli, l’ex capo del marketing Francesco Calvo, il security manager Alessandro D’Angelo e il responsabi­le della biglietter­ia Stefano Merulla) il procurator­e Figc avrebbe «dato per scontato che Dominello fosse mafioso».

GIALLO SVELATO È stato svelato il giallo di una intercetta­zione citata dallo stesso Pecoraro in Antimafia, ma misteriosa­mente non presente negli atti. La frase «i due fratelli sono stati arrestati, hanno il 416 bis, Rocco è incensurat­o, parliamo con lui...» non fu pronunciat­a da Agnelli, ma sarebbe in una conversazi­one D’Angelo-Calvo del 5 agosto: ben dopo gli arresti di luglio, quindi senza valore probatorio per i pm. Non a caso, in un interrogat­orio dello stesso periodo, D’Angelo confermava di aver controllat­o su Google chi fosse Dominello quando gli fu presentato anni prima. Intanto, alcuni membri dell’Antimafia, tra cui Marco Di Lello e Rosy Bindi, hanno segnalato alle forze dell’ordine le minacce di morte ricevute via mail e social: a certi tifosi non è andato giù il faro acceso sulla vicenda.

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Il presidente Andrea Agnelli, 41

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