GOMEZ: «IL PONTEFICE ANCORA IN CAMPO CON ME»
P«Sono stato a un’udienza del mercoledì, ma come turista, non come Papu Gomez e non ho avuto il coraggio di presentarmi. Non volevo passare davanti alla gente alle transenne. A Catania, io Bergessio e Barrientos volevamo organizzare un viaggio insieme in Vaticano perché abbiamo giocato tutti e tre nel San Lorenzo, la squadra di Papa Francesco». Com’era il suo San Lorenzo?
«Bella squadra e una piazza cal- da tipo Roma, dove impazzavano le radio private. C’era da aver paura anche ad andare ad allenarsi, perché avevano spostato lo stadio accanto a una grande baraccopoli. A volte si sentiva sparare. Un supermercato aveva comprato la vecchia area e aveva costretto il club ad abbandonare il quartiere Boedo. Ci prendevano in giro: squadra senza terra». Francesco ricorda sempre un gran gol del suo idolo: René Pontoni. Un suo gol nel Ciclòn? «Il primo del 3-0 all’Huracan. Derby, stadio zeppo, un inferno. Rimessa laterale, fuggo sulla destra, fingo un passaggio a sinistra, invece tiro dritto e sparo in diagonale: gol». Le piace questo Papa? «Sì, perché è umile e va incontro alla gente, accorcia le distanze, non lo senti lontano». Nel romanzo, Francesco aiuta Arcadio, bambino traumatizzato da un attacco terroristico. Lei è padre. Preoccupato? «Sì, ma non solo dal terrorismo. Anche dal nervosismo della gente che perde il lavoro e dalle tensioni per un momento economico difficile. Ma bisogna vivere. Io lo faccio con entusiasmo, come se ogni giorno fosse l’ultimo». Arcadio ha la figurina del Papu... Ama collezionarle. «Anch’io da piccolo. La mia collezione del cuore è quella del Mondiale ’98. Due figurine su tutte: il Fenomeno Ronaldo e Batistuta. Che festa all’Avellaneda quando eliminammo l’Inghilterra ai rigori...». Domenica non sarà a Roma.
«Peccato. All’Olimpico ho quasi sempre fatto bene, sia col Catania che con l’Atalanta». Sulla fascia da capitano lei si fece disegnare Papa Francesco. «Sì, prima di Atalanta-Inter. C’erano in campo tanti argentini, mi sembrò bello coinvolgerlo. Disegnai anche l’obelisco di Buenos Aires. Vincemmo». Al ritorno, senza quella fascia, andò molto peggio. «Già. La rimetterò al braccio nelle ultime partite decisive...». © RIPRODUZIONE RISERVATA