PIU’ TV, MENO STADIO? MEGLIO TUTTI E DUE
L’ANALISI di MARCO IARIA
Karl Popper ci perdonerà, ma la televisione, più che una «cattiva maestra», è diventata ormai una compagna inseparabile, almeno per gli appassionati di calcio. Pur nella proliferazione dei mezzi di comunicazione, la tv continua a recitare il suo caro, vecchio ruolo di aggregatore sociale: gli 11 milioni di telespettatori incollati l’altra sera per Juventus-Barcellona, con il 40% di share, ne sono l’ennesima testimonianza. È vero che la televisione ha mutato per sempre i connotati del sistema calcio e le abitudini dei tifosi, ma sarebbe semplicistica l’equazione «più tv, meno stadio». Quando gli impianti sono all’avanguardia come lo Juventus Stadium, e i contesti agonistici sono di primo livello, lo stadio reale e quello virtuale si completano mirabilmente. Non a caso, l’altro ieri ha festeggiato anche il botteghino con il record di incassi di 4 milioni.
Certo, se si guarda il prodotto d’insieme non si può notare come in Italia, negli anni Duemila, l’impennata dei diritti tv sia stata inversamente proporzionale al trend di presenze allo stadio. Solo che proprio l’audience di Juve-Barcellona deve indurre a una riflessione: quasi 10 di quegli 11 milioni hanno seguito la partita in chiaro. È stato, in un certo senso, il fallimento del progetto-Champions in pay tv, almeno ai livelli di spesa sostenuti da Mediaset in questo triennio (717 milioni). L’approdo su Canale 5, che verrà replicato nel ritorno e, come da legge, per semifinali e finale, serve per valorizzare quello che resta il
core business di Mediaset, cioè la tv free: una gara come quella di ieri ha fatto introitare diversi milioni di euro a Publitalia e, allo stesso tempo, reso evidente a Vivendi - in contenzioso col Biscione - la portata degli asset berlusconiani. Bisognerà vedere come muteranno le strategie per i prossimi cicli di commercializzazione dei diritti tv, in Champions e in Serie A. A livello europeo un sistema misto «chiaro-pay tv» avrà ragion d’essere se sostenibile economicamente. Quanto alla Serie A, emerge ancor più la necessità da parte della Lega di valorizzare il prodotto per renderlo appetibile a livello internazionale: i 566 milioni di telespettatori potenziali in Asia per il derby collocato nel loro prime time sono una tentazione troppo ghiotta. A patto di attuare politiche in grado di far crescere il movimento nelle due direttrici: stadio reale e stadio virtuale.