Memorie di Adriano: fischi e applausi
Ieri standing ovation in Lega per l’a.d. contestato spesso allo stadio. «Dopo 31 anni c’è emozione»
Il trasloco precedente aiuta. Magari Adriano Galliani aveva già buttato via qualche scatolone pieno di carte, vecchi almanacchi, pezzi di trattative e di giornate sparsi qua e là. Qualcosa era già cambiato nel novembre 2013, quando il Milan ha chiusogli uffici in via Turati per trasferirsi a casa Milan, zona supermoderna, ma al signor Adriano non è che piacesse tanto, lui era abituato a far casa e bottega in Brera, aveva i suoi bar, le sue pasticcerie, l’ufficio del fido Ariedo Braida ingombro di quadri d’arte contemporanea pochi metri più in là sul corridoio. Aveva nel suo studio le immagini che amava, aveva la sala dei trofei dove portava i nuovi acquisti. In quella stanza erano accadute molte cose della sua carriera, se non della sua vita. In quella stanza aveva presentato alla stampa Ruud Gullit, che incautamente aveva ammesso di non sapere chi fosse il giocatore della foto. Gianni Rivera.
DECLINO Ieri durante la riunione di Lega Adriano Galliani si è alzato in piedi e ha annunciato che il Milan era stato definitivamente ceduto. «Il prossimo sarà il primo derby cinese della storia». Presidenti e dirigenti si sono alzati in piedi ad applaudirlo. Un applauso lungo un minuto, mai quanto la sua emozione.«Dopo 31 anni certamente c’è emozione. Mi hanno fatto molto piacere le frasi di Berlusconi e mi ha commosso anche il lungo applauso dei colleghi». Galliani era nei salotti del Milan negli anni Ottanta e c’era ancora alla fine dell’Impero, a prendersi gli striscioni molesti e prima ancora la scorta necessaria della Digos. La sua epoca si è chiusa ufficialmente con il closing, ma tutto stava sfumando da tempo con il balletto del doppio amministratore delegato, l’esonero di Allegri, la fine delle qualificazioni in serie alla Champions League, la squadra che galleggiava in acque che non erano le sue. «Ah sì, c’era un tempo che giocavamo anche noi contro il Real Madrid, si ricorda?», sospirava pochi giorni fa parlando con un cronista. C’è chi dice che Galliani sia finito tempo fa e chi dice che senza di lui il Milan sarebbe finito prima. Lui semplicemente dirà che il Milan non è finito, anche se come previsto se ne andrà com’era arrivato, con Berlusconi. Destinazione Lega o forse nulla. Quello che gli mancherà di più sarà il contatto con il campo, le decine di telefonate tutti i giorni, la routine di Milanello. Galliani non è uomo da stare con le mani in mano.
AFFARI E’ rimasto fino alla fine. Ha preso in prestito Deulofeu come una volta conquistava Shevchenko strappandolo a un prezzo tutto sommato modico alla concorrenza. Ha ingaggiato top e flop, flirtato con procuratori modesti e con califfi del settore, ha scelto Maxi Lopez così come aveva inviato Leonardo a chiudere in fretta l’affare con il San Paolo per Kakà, preso a un prezzo basso (dieci milioni di dollari) nonostante le offerte ben più alte di Abramovich. E’ stato il telefono conduttore da Arcore a Milanello, senza mai offrire un’opinione in disaccordo con quella del capo, al quale aveva ceduto le sue antenne a fine degli anni Settanta dando inizio all’avventura tv di Berlusconi. Galliani è quello dei bermuda a Bermuda (celebre la foto del jogging con tutti gli uomini del Cavaliere), e quello sempre in cravatta gialla (armadi pieni, un incubo per le mogli, per non parlare dei mocassini). E’ il dirigente con l’impermeabile chiaro che spegne la squadra a Marsiglia (Costacurta: «Non avevamo idea di che cosa stesse succedendo,difficilmente può aver deciso da solo») e anche quello che crea un ciclo europeo formidabile. Galliani è quello diventato un personaggio grazie all’imitazione di Teo Teocoli, ma aveva già tutto per essere personaggio di suo.
ANNI Siccome la sua canzone preferita è “I migliori anni della nostra vita”, Galliani sa che il tempo passa, ma non si è mai abbastanza preparati per chiudere gli scatoloni e decidere che cosa buttare. Errori ce ne sono, di mercato . Quello che è stato probabilmente l’amministratore delegato più longevo del calcio lascia però con una superbacheca, soprattutto in campo internazionale: cinque fra coppe dei Campioni e Champions League, Supercoppe e intercontinentali assortite. Galliani ha firmato centinaia di contratti e mantenuto centinaia di contatti. Ha lanciato Ancelotti, si è congratulato con parecchi Palloni d’oro e qualche capocannoniere. Se Berlusconi dice di essere il presidente più vincente della storia del calcio, Galliani potrebbe bissare l’osservazione, ma non lo farà perché la regola è sempre stata che quando il capo parla gli altri tacciono.
AMICI E DELUSIONI Ci sono stati nella sua carriera tanti dispiaceri. Le lacrime di Sheva quando ha deciso di lasciare il Milan per il Chelsea ad esempio («Non volevamo assolutamente cederlo, se avessi voluto a Abramovich avrei potuto chiedere molti soldi in più») e prima ancora la dolorosa fine della carriera di Van Basten. Galliani ha una famiglia numerosa di suo e a questa deve aggiungere i giocatori ai quali si è affezionato, da Franco Baresi a Pippo Inzaghi a Ibrahimovic, l’unico che osava dargli del tu e chiamarlo Adriano. Avrà il telefono bollente perché lo chiameranno tutti, da Braida a Florentino Perez, l’avversario più amico che ci sia. Conserverà questi trent’anni in scatoloni estensibili: l’uomo che ricordava ogni gol importante a memoria e restava alzato fino a tarda notte per rivedere le partite su Milan Channel difficilmente perderà qualcosa lungo il trasloco.
TRENTUNO ANNI DI SUCCESSI, DA TOGLIERSI IL CAPPELLO URBANO CAIRO PRESIDENTE TORINO CONTRIBUTO SUPER, IL SUO MILAN RESTERÀ NELLA STORIA CARLO TAVECCHIO PRESIDENTE FIGC