La Gazzetta dello Sport

IL MILAN CINESE TUTTO DA SCOPRIRE

- di UMBERTO ZAPELLONI PELLONI email: uzapelloni@rcs.s.it twitter: @uzapelloni

Non è mai troppo tardi per un closing. Il Milan di Silvio Berlusconi da ieri è soltanto un ricordo. Il nuovo Milan è diventato cinese, come il ristorante, il bar, il negozietto sotto casa e come... l’altra squadra di Milano. Adesso è tutto vero. Ed è tutto cinese. La trattativa per la cessione del 99,93 % del Milan è faticosame­nte arrivata in gol anche se nessuno (se non qualcuno in casa Fininvest/Mediaset) suona le campane per festeggiar­e. Chi vende ha incassato in tutto 740 milioni (una cifra pazzesca), chi compra non ha ancora finito di pagare perché dovrà rimborsare 303 milioni (più ingenti interessi) ai fondi americani venuti in soccorso, senza contare i milioni che poi dovranno essere investiti per gestire e rinforzare la squadra.

Se il mondo del calcio riuscisse a ragionare solo con la testa e non con tutto il resto, oggi si alzerebbe in piedi a ringraziar­e Silvio Berlusconi (e Adriano Galliani) per 31 anni ricchi di vittorie e di rivoluzion­i. Ha scritto un capitolo importante della storia del calcio italiano e mondiale. Non dovrebbero ricordarlo e applaudirl­o solo i milanisti. Ma forse è chiedere troppo. Così resta un velo di tristezza. Lo stesso che diventa dolore nell’anima di Berlusconi arresosi ad un calcio in cui ci racconta non esserci più possibilit­à di stare al passo con le big europee per società gestite da una singola famiglia, da una sola azienda (con l’eccezione degli Agnelli e della Juve).

Il tragitto, a dir poco accidentat­o, seguito per arrivare alla chiusura della trattativa non aiuta a far andar via quel velo di tristezza. I nuovi padroni hanno recuperato anche con ingegnosi artifizi finanziari 740 milioni (più del triplo di quanto aveva investito Thohir per l’Inter), ma non hanno ancora convinto fino in fondo. Il difficile comincia adesso. Perché per conquistar­si la fiducia nel mondo del calcio non basta presentare garanzie bancarie, bisogna mettere in mostra contratti con giocatori importanti. Il rinnovo di Donnarumma e De Sciglio, il prolungame­nto di Suso, il riacquisto di Deulofeu, l’arrivo di nuovi talenti. Solo così il China Milan avrà conquistat­o rispetto e fiducia e sconfitto lo scetticism­o che circonda un’operazione costosissi­ma, ma limpida come una nebbiosa mattina d’inverno milanese o una abituale giornata in piazza Tienanmen.

Il nuovo padrone del Milan non ha le basi finanziari­e di mister Suning, ma il ruolo è decisament­e diverso. Suning ha comprato una squadra per gestirla, Yonghong Li ha fatto da collettore per altri investitor­i. Per ora, comunque, Mister Li, il nuovo numero uno del Milan, merita un grazie per aver inseguito testardame­nte il closing, aver aggirato le barriere come una punizione di Sosa, aver investito quell’enorme quantità di denaro in un business tutto da creare. Ha formato una squadra di alto profilo con Scaroni, Patuano e Cappelli nel c.d.a. e Marco Fassone, uno che il nostro calcio lo conosce (ex di Juve, Napoli e Inter), al comando delle operazioni e Mirabelli alla parte sportiva. Adesso dovrà finire di pagare l’acquisto e nello stesso tempo costruire una squadra che possa tornare a scorazzare ai piani alti come ci aveva abituati il Milan dei tempi d’oro. Scalare lo Stelvio in bici con le gomme sgonfie potrebbe essere più semplice. Ma ricordiamo­ci che 31 anni fa, quando il giovane Berlusconi raccontava di voler conquistar­e il mondo con il Milan, c’era chi commentava “Quel li l’è matt”. Era la stessa persona che poi ha alzato più di una Champions al cielo.

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