HO VOTATO HARDEN: HA MIGLIORATO CHI GIOCA ACCANTO A LUI
Era una scelta impossibile, ma bisognava farla. Per la prima volta nella storia, l’Nba ha allargato oltre i confini di Usa e Canada le votazioni per i suoi premi di fine stagione. E La Gazzetta dello Sport è entrata nella giuria che assegna gli awards (giusto chiamarli così, come gli Oscar di Hollywood, ora che vengono annunciati in una cerimonia a New York il 26 giugno). Decidere a chi dare il premio individuale più ambito, quello di mvp, era così complicato che Kobe Bryant aveva suggerito di lanciare una moneta, per la qualità delle stagioni dei favoriti James Harden e Russell Westbrook. Il mio voto (senza bisogno di fare testa o croce) è per Harden. Perché mvp significa most valuable player, un concetto che non indica semplicemente il migliore della stagione, ma quello che riesce a combinare eccellenti risultati individuali con vittorie di squadra e capacità di migliorare i compagni. E il barbuto degli Houston Rockets di Mike D’Antoni (il mio coach dell’anno) è riuscito a fare tutto questo. Ha chiuso al secondo posto per punti a partita (29,1) e primo per assist (11,2), aggiungendo al suo naturale istinto offensivo capacità di passatore alla Steve Nash. Grazie a questa sua trasformazione, Houston è diventata la terza miglior squadra Nba, inferiore solo agli inarrivabili Golden State Warriors e San Antonio Spurs. E il talento di Harden ha spinto compagni come la miglior riserva dell’anno Eric Gordon, il mastino Pat Beverley, il tiratore Ryan Anderson e il centro Clint Capela. Westbrook, secondo nel mio voto, con le sue 42 triple doppie e la tripla doppia di media, ha vissuto la miglior stagione individuale della storia, trascinando Okc al 6° posto a Ovest. Ma non ha migliorato chi gli sta attorno. Harden invece è riuscito a fare anche questo. Ed è il motivo per cui è il mio mvp.