La Gazzetta dello Sport

«GIOCO ANCH’IO E PER 5 MINUTI PRESSO TUTTI VINCIAMO NOI»

IL CENTROCAMP­ISTA: «VORREI FARE UN REGALO A BERLUSCONI. AI CINESI DICO CHE IL MILAN MERITA L’EUROPA, IL SUO HABITAT»

- INVIATO A SAN PIETRO A GRADO (PI)

L’allenament­o del Pisa è finito e Rino Gattuso esce dal campo con il pallone in mano. Ci guarda e gli scappa da ridere. Abbiamo un pensiero comune, lui è più svelto a esprimerlo: «Berlusconi ha venduto il Milan e noi abbiamo un po’ di capelli bianchi... Da quanto tempo ci conosciamo?». Una quindicina d’anni. «Ecco, un bel pezzo di vita. Quando una pagina si chiude, anche se non vuoi fare bilanci la mente corre da sola. Mille ricordi, infinite emozioni. Lei lo sa cosa vorrei fare..». Certo, giocare il derby oggi: «Esatto. Per fare un regalo al presidente. Indosserei la maglietta bianca, quella delle finali e delle grande occasioni, i pantalonci­ni, i parastinch­i. E poi via, in campo: con Paolo, Billy, Andrea, Pippo. Noi, il Milan. Per salutare Berlusconi e per vincere il derby. Il problema è che dopo cinque minuti sarei morto: ma in quei cinque minuti presserei anche gli steward e i tifosi».

Rino, Berlusconi ha venduto davvero. Il primo pensiero?

«Suona strano. Aveva costruito una macchina perfetta. Il segreto non era solo prendere i campioni, ma aver organizzat­o tutto nel modo migliore. Tu dovevi pensare solo a non dimen- ticare le scarpe, per il resto c’era la società».

Starà soffrendo di più Berlusconi o Galliani?

«Credo Galliani. Però anche il presidente si sentirà vuoto. Ha preso il club in tribunale e l’ha portato in cima al mondo. Era capace di trasmetter­ti il suo entusiasmo e le idee, ti faceva credere nel progetto. Ricordo le sue parole la mattina delle finali: nessuno ci sapeva caricare come lui».

Venticinqu­e anni di trionfi, 6 di delusioni. Avrebbe dovuto cedere prima o andare avanti fino a quando la squadra non sarebbe stata di nuovo competitiv­a?

«Credo che avrebbe voluto riportare in alto il Milan, ma per la sua famiglia le priorità sono altre e si è dovuto adeguare».

Lei non è molto social, ma provi a mandare un tweet a Berlusconi.

«Nei momenti di depression­e fatti un giro nella sala dei trofei: quella bellezza è merito tuo».

Lei si fida dei cinesi? Maldini non si è fidato.

«Solo il tempo darà le risposte. Anche all’Inter c’era preoccupaz­ione ma adesso sono tutti soddisfatt­i e si parla di progetti e acquisti importanti. Però ai cinesi una cosa voglio dirla: il Milan deve stare nel suo habitat naturale, ossia l’Europa. Non può rimanere fuori dalle coppe. Questo deve essere il primo passo. E poi si deve pianificar­e partendo da quanto di buono è stato fatto quest’anno grazie al lavoro di Montella. Per la prima volta dopo tanto tempo è stata seguita una strada chiara e infatti i risultati stanno arrivando anche se per adesso la squadra è dietro alla Lazio, che è guidata da un tecnico bravissimo come Simone Inzaghi, e all’Atalanta, che è la rivelazion­e del campionato».

Ai suoi tempi era impossibil­e immaginare un Milan a lungo fuori dall’Europa.

«Nel calcio ci sono pochi segreti per ottenere risultati. Uno è rappresent­ato dallo zoccolo duro delle squadre: valeva per noi all’epoca come per la Juve adesso. Io vedevo Maldini e Costacurta che si ar rabbiavano per una partitella persa e mi adeguavo. Imparavo solo osservando­li. Al Milan il gruppo storico si è sciolto all’improvviso e così la ricostruzi­one è stata più difficile».

Derby alle 12.30: favorevole, agnostico o contrario?

«Comandano le tv e allora bisogna adeguarsi. È un derby cinese e si gioca all’ora che preferisco­no laggiù. Però i cinesi imparino in fretta che la magia di San Siro di sera è ineguaglia­bile. Roba da brividi».

Se le dico derby, qual è il primo pensiero?

«Potrei dire le battaglie nella semifinale di Champions del 2003 o il mio assist a Kakà. Ma preferisco ricordare il rispetto che c’era tra Milan e Inter. Una grande rivalità, tanti duelli duri, ma nessuna bastardata. Sono stati anni intensi e meraviglio­si. Quando arrivai al Milan avevo l’incubo del corridoio di Milanello, quello in cui ci sono le foto in campo con i trofei. Speravo di finirci prima o poi in quel corridoio. Nel momento in cui fu affissa la prima foto con me dentro, beh, cominciai subito ad avere l’incubo della seconda foto. E così via. Dopo ogni vittoria se ne cercava un’altra: era la mentalità del mio Milan».

Lei ha giocato il derby di Glasgow, che è perfino più sentito.

«Lì c’è di mezzo la religione, non si può nemmeno fare il paragone. Io le partite le vivevo in modo viscerale, ma a Glasgow si va oltre: prima di RangersCel­tic i tifosi, il club e i giocatori nati lì ti trasmetton­o sensazioni pazzesche».

Quale altro derby le sarebbe piaciuto giocare?

«Boca-River alla Bombonera. Prima di andare al Sion avevo trovato l’accordo con il Boca, ma i bimbi erano troppo piccoli e alla fine decisi di evitare. Però la voglia mi è rimasta dentro».

C’è qualcuno del Milan attuale che avrebbe potuto far parte della rosa del suo grande Milan?

«Donnarumma sicurament­e, ma anche Bonaventur­a perché sa fare tutto. Abate ha vissuto parte della mia epoca».

Questo derby vale doppio?

«Chi perde saluta l’Europa. E quindi spero che vinca il Milan anche se l’Inter è ferita e quindi ancora più pericolosa».

Da quanto non va a San Siro?

«Un paio d’anni. Spero di tornarci per una bella partita europea del Milan. Ho visto in tv Juve-Barcellona e sono stato orgoglioso per il calcio italiano. Qualcosa si sta muovendo, spero che la Juve vinca la Coppa e che tutto il movimento ne tragga beneficio».

Questa stagione al Pisa, comunque vada, non la dimentiche­rà.

«E come potrei... Ci sono state cose positive e cose negative. Nello sprint finale daremo il massimo senza cercare alibi».

Si immagina sulla panchina del Milan, in futuro?

«Io sto facendo il mio percorso e ne sono fiero. Poi vedremo quello che accadrà. Se mi dovessero chiamare sarebbe impossibil­e dire no al Milan, anche perché questo club è sempre stato nel mio cuore. Da ragazzino applaudivo le loro Coppe Campioni, da uomo le ho alzate con quella maglia».

Rino, vedrà il derby?

«Certo. E meno male che il Milan gioca con la maglia bianca. Porta bene e poi all’andata non si capiva niente con quei colori: ero convinto che si fosse rotto il televisore. Gliel’ho detto, stiamo diventando vecchi...».

E BONAVENTUR­A DONNARUMMA POTEVANO STARE NEL MIO MILAN SUI ROSSONERI ATTUALI PARAGONATI AI PREDECESSO­RI QUANTO RISPETTO NEI DERBY: MAI UNA BASTARDATA. E L’ASSIST A KAKÀ SULLA STRACITTAD­INA VISSUTA IN ROSSONERO NON VADO A SAN SIRO DA DUE ANNI. TORNERÒ PER IL MILAN IN EUROPA SULLO STADIO MEAZZA ANTICO «UFFICIO» DI RINO

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