La Gazzetta dello Sport

«DERBY CINESE? ATTENZIONE ALL’IDENTITA’ CHI VINCERA’? IL MILAN 2-0...»

« ROSSONERO GRAZIE AGLI INCONTRI SPIRITUALI DI SACCHI CON DONADONI E GALLI. VOGLIO CHIUDERE SOPRA L’INTER, MA SPERO NELL’EUROPA PER TUTTE E DUE »

- di ALESSANDRA BOCCI MILANO

Anche i cardinali sono esseri umani. Stufo di restare relegato fra le riserve, il ragazzino Angelo fece un patto con il più bravo della squadra di calcio della sua scuola, a Malgrate, nel lecchese: «Io ti passo i compiti e tu mi fai giocare fra i titolari». Era il secondo dopoguerra, calcio da cortile con palloni poveri. L’accordo funzionò, ma non distrasse Angelo Scola dagli studi e dalla fede. Il bambino tifoso del grande Torino che aveva imparato a giocare con il classico pallone di pezza ha fatto una lunghissim­a carriera, fino a diventare arcivescov­o di Milano. Nel frattempo è diventato anche tifoso milanista. «Dopo la tragedia di Superga ho spostato la mia attenzione sul Lecco, poi credo di aver scelto i rossoneri anche per la frequentaz­ione con alcuni giocatori. Io e un altro amico prete, Don Massimo, ci incontrava­mo spesso con Donadoni, Filippo Galli e altri. Si parlava, i giocatori si interrogav­ano sul senso della vita. Era Arrigo Sacchi che favoriva queste riunioni».

Il calcio era arrivato molto prima.

«In oratorio, com’è logico che sia per un ragazzino di paese e come è stato anche per molti che poi sono diventati stelle del calcio. Avevo un fratello più grande, morto presto in un incidente stradale, che era un calciatore eccellente. Il Lecco, allora in serie B, fece di tutto per ingaggiarl­o, ma mia madre stabilì che la domenica si doveva andare all’oratorio e non a giocare in una squadra laica. La sua carriera finì lì».

Gli oratori però non sono finiti. La Chiesa ha sempre investito nello sport e di recente avete promosso l’iniziativa «Cresciuto in oratorio». E’ un legame che funziona ancora?

«La Chiesa è figlia di un Dio incarnato, si occupa di tutte le espression­i dell’umano e lo sport è una di queste: un fattore decisivo soprattutt­o nel momento della crescita».

Può funzionare anche come strumento di integrazio­ne, soprattutt­o nelle periferie?

«Certamente. Quello dell’emigrazion­e è un fenomeno struttural­e con il quale la società civile deve confrontar­si. Il calcio parla un linguaggio comune che può essere molto utile».

Lei ha sempre parlato molto del modello di solidariet­à milanese. Milano è ancora un città solidale?

«Lo è, ed è un fenomeno visibile anche nella questione dell’integrazio­ne. Giro per la parrocchie e vedo la nostra gente che dà una mano. Però Milano, nella sua rinascita, deve ancora lavorare molto, perché l’integrazio­ne deve riguardare tutte le fasce sociali e il loro modo di vivere. Papa Francesco ha detto che bisogna guardare alle periferie per vedere tutta la città. La città tende a una buona vita, ma è vita buona soltanto se è buona per tutti. Bisogna sempre guardare alla vita nel suo complesso: penso anche ai calciatori, e non conosco uno sportivo che sia arrivato al successo senza essere una persona umile e intelligen­te. Ho molta ammirazion­e per Bergomi, Zanetti e Franco Baresi, ma mi riferisco anche al giovane Locatelli, un altro cresciuto in oratorio».

Molto spesso, vivendo in un ambiente così esposto alle pressioni, i giocatori scoprono la voglia di spirituali­tà. Sa che l’ex interista Wesley Sneijder è diventato cattolico parlando con il prete

dell’Inter?

«Non lo sapevo ma mi fa piacere. La completezz­a di un essere umano passa anche dal contatto con il senso della vita. Detto questo, ho conosciuto qualche allenatore che obbligava tutti i suoi ad andare alla messa. Era un metodo un po’ ». tranchant

Nel suo ultimo libro «Postcristi­anesimo?» parla molto di economia del dono. La solidariet­à può essere una spinta per l’economia?

«Deve diventarlo, e in questo senso resta utile un’espression­e di Papa Benedetto XVI. Bisogna allargare la ragione economica, il che non significa smantellar­e le regole, ma non dimenticar­e mai che la ricerca del profitto deve essere equa e che l’economia non deve essere trattata come un fatto di natura con leggi immutabili. Quando il Papa parla del concetto del gratuito intende proprio questo: l’economia deve poter migliorare la vita di ogni uomo».

Molte stelle del calcio cercano di rendere qualcosa di quello che hanno ricevuto facendo beneficenz­a, ma c’è chi dice che spesso sia un modo per alleggerir­e le tasse.

«Vedo che molti si impegnano in iniziative per associazio­ni che raccolgono fondi. Hanno ancora dentro la radice oratoriana».

Il Papa è appena stato a Milano, accolto da centinaia di migliaia di persone. E’ voglia di spirituali­tà o anche il richiamo di una personalit­à mediaticam­ente molto forte?

«La Chiesa milanese è una Chiesa di popolo, e con questo non intendo dire che i praticanti siano maggioranz­a, ma che l’elemento essenziale del cristianes­imo ha segnato in maniera potente la cultura ambrosiana e italiana. La visita del Papa ha portato in evidenza questa caratteris­tica. Sono rimasto impression­ato dalle migliaia di persone che lo hanno aspettato lungo le strade anche solo per vedere la sua mano che salutava: sono stati incontri non programmat­i ma significat­ivi. Milano aveva salutato con calore altri papi, e Papa Francesco ha un carisma che favorisce tutto questo».

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