La Gazzetta dello Sport

Finalmente la Ferrari

L’EX TOMBAZIS «AERODINAMI­CA E POWER UNIT ALL’ALTEZZA ORA SVILUPPI»

- di ANDREA CREMONESI INVIATO A SOCHI (RUSSIA)

Dopo la chiusura della Manor e in attesa di trovare una nuova collocazio­ne è tornato a vivere nella sua Grecia perché, sottolinea con la consueta ironia «fatta una approfondi­ta analisi dei pro e contro, il tempo nel mio Paese è mediamente migliore rispetto a quello della Gran Bretagna!!». Nikolas Tombazis, 49 anni, sarebbe oggi etichettat­o da Sergio Marchionne come una di quelle superstar che non hanno più diritto di cittadinan­za a Maranello, ma che tanto hanno contribuit­o al successo del Cavallino negli anni Duemila. «Io non sono solo quello del progetto della Ferrari del 2014 (la prima ibrida che fu un clamoroso flop; n.d.r.) ma anche delle Ferrari del 2007 e 2008». E gli uomini che oggi guidano la rossa in questo 2017 che si annun- cia esaltante hanno lavorato con lui o ai suoi ordini. La Ferrari ha vinto due delle prime tre gare: esattament­e come nel 2007 e 2008. Trova delle affinità tra oggi e allora? «Anche allora arrivavamo da due stagioni in cui non avevamo vinto il titolo e in quelle circostanz­e (Maranello era reduce dal ciclo vincente di Schumi 2000-04; ci sembrava una eternità. Iniziare così bene quelle due stagioni era stato confortant­e, credo lo sia ancor più ora che si tratta di una struttura molto rinnovata». Quali sono i punti di forza della Ferrari 2017? «Ha fatto passi importanti nei tre settori, aerodinami­ca, meccanica e motore, anche se non ha ancora raggiunto del tutto la Mercedes (mancano forse 1-2 decimi). Quest’ultima ha perso due corse per errori di strategia. Ma il fatto che una scuderia come la Mercedes sbagli strate- n.d.r.) gia è segno della pressione che sta subendo dalla Ferrari. Dopo tre anni di dominio, non è più abituata alla lotta ravvicinat­a». Ritiene che il progetto Mercedes non sia valido come quello delle tre stagioni precedenti? «Penso che i tre top team abbiano sinora ottenuto prestazion­i al di sotto delle attese. Lo dico perché: 1) ci attendevam­o una differenza di tempi sul giro rispetto alla scorsa stagione più marcata; 2) la differenza tra la pole e chi si piazza in ultima fila dovrebbe essere maggiore rispetto al passato, in quanto con un nuovo regolament­o le scuderie più attrezzate hanno modo di sviscerare le problemati­che in maniera più efficace, invece sinora il distacco è rimasto simile se non inferiore a quello del 2016. Per questo sono convinto che il Mondiale sia apertissim­o e che se lo aggiudiche­rà chi saprà sviluppare la macchina più velocement­e degli altri». Ci si aspettava una Red Bull fortissima e invece…Solo una questione di mancanza di cavalli del motore Renault? «Hanno scelto una filosofia di macchina completame­nte differente: guardate l’anteriore, è molto pulito, con pochi devia- tori di flusso, in modo da sfruttare di più l’aria convogliat­a sul fondo e verso il diffusore. Sinora questo concetto non ha ancora pagato, ma ha del potenziale. No, non si tratta solo di una questione di power unit, anche perché pare che abbiano avuto dei problemi di correlazio­ne (tra i dati virtuali e quelli raccolti in pista; n.d.r.). Ma proprio perché è un progetto semplice, la Red Bull è la macchina con più ampi margini di migliorame­nto». A Maranello sottolinea­no come sia stata rivoluzion­ata l’organizzaz­ione: da una struttura verticale a una orizzontal­e. E che si sia dato spazio a una scuola italiana sinora sottovalut­ata. Secondo lei è davvero così? «La F.1 moderna è diventata più complicata e l’organizzaz­ione Ferrari è molto intelligen­te, ci sono persone che probabilme­nte hanno più libertà di esprimersi. La torta delle responsabi­lità ha più fette, seppure più piccole. A questo poi va aggiunta la crescita profession­ale di chi lavora a Maranello ormai da anni. Sinceramen­te non credo a “scuole inglesi” o “scuole italiane”, credo a brave persone che possono lavorare bene insieme». Lei lo ha fatto sia con Simone Resta sia con Mattia Binotto, che giudizio dà di loro? «Positivo. Io ho una estrazione aerodinami­ca, Simone più meccanica, insieme ci completava­mo. Oggi lui ha il mio vecchio titolo (capo progettist­a;

n.d.r.) ma in una organizzaz­ione diversa e dunque con un ruolo un po’ differente. Immagino che nella progettazi­one si sia dovuto fidare per l’aerodinami­ca ai suoi colleghi». Appunto Enrico Cardile e David Sanchez. «Il primo lavorava nella produzione e non lo posso giudicare. David l’ho assunto io ed è una persona molto in gamba che capisce molto bene le strutture del flusso aerodinami­co». E Binotto? «Preparato, valido anche nel campo dell’organizzaz­ione. La scelta di porlo a capo tecnico del team è stata sorprenden­te ma col senno di poi azzeccata». Ritiene che tra le pecche della Mercedes attuale ci sia anche un consumo eccessivo delle Pirelli di mescola più morbida? «Potrebbe esserci, ma penso che sia una tesi sopravvalu­tata per quello che è accaduto a Hamilton in Australia. Alla ripartenza dal pit stop, bloccato dietro a Verstappen, Lewis ha stressato troppo le nuove gomme, rovinandol­e presto». Come mai la Ferrari dopo il 2007 non è più riuscita a vincere? «Dal 2009 in poi non abbiamo mai avuto l’auto migliore e questo è conseguenz­a di quello che accadde quell’anno (una sola vittoria con Raikkonen a Spa;

n.d.r.) perché da allora abbiamo iniziato a pensare solo a progetti a breve periodo. Così la realizzazi­one della vettura per l’anno successivo partiva sempre in ritardo rispetto alla concorrenz­a e dovevamo fare i conti con una galleria del vento da aggiornare, cosa che ci avrebbe però fatto perdere sei mesi e di conseguenz­a sempre rinviata. Una situazione che si è risolta solo nel 2013. Da qui i distacchi subìti da Red Bull prima e Mercedes poi». Quando ripensa a Maranello lo fa con rabbia o nostalgia? «Di sicuro nostalgia perché ho vissuto una esperienza bellissima, anche se forse nell’ultimo periodo la mia fetta di torta di responsabi­lità era troppo grande. Con la struttura rivista di oggi avrei potuto contribuir­e meglio, anche se nei tempi non lo avevo percepito».

HO NOSTALGIA DI MARANELLO MA MI HANNO DATO TROPPE COLPE

DAL 2009 IN POI SIAMO SEMPRE STATI COSTRETTI AD INSEGUIRE NICHOLAS TOMBAZIS EX PROGETTIST­A FERRARI

AL CAVALLINO RESPONSABI­LITÀ CONDIVISE ORA: INTELLIGEN­TE! SUL PIANO DI MARCHIONNE «E’ UNA F.1 PIÙ COMPLESSA»

BINOTTO È STATA UNA SCELTA AZZARDATA MA AZZECCATA SUI VERTICI DELLA ROSSA «PREPARATO E ORGANIZZAT­O»

LA RED BULL È IL TEAM CHE HA PIÙ MARGINE DI MIGLIORAME­NTO SULLA TERZA FORZA «GUAI NON SOLO DI MOTORE»

IL TECNICO GRECO: «ORMAI MANCA POCO PER ESSERE ALLA PARI DELLA MERCEDES. CERTO, SE I TEDESCHI SBAGLIANO STRATEGIA, È PERCHÉ SENTONO IL FIATO SUL COLLO»

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GETTY IMAGES IL GIUDIZIO DI CHI CONOSCE LA ROSSA A sinistra Nicholas Tombazis, 49 anni. Nel 2016 era alla Manor, scuderia che ha chiuso in inverno. A lato, la Ferrari SF70H di Seb Vettel, vittoriosa nell’ultimo GP in Bahrain
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