La Gazzetta dello Sport

Se la violenza fa il giro degli stadi

1Dalla Serie A alla Lega Pro: escalation di aggression­i, minacce e insulti nelle ultime settimane. Giocatori nel mirino per una sconfitta: Firenze come Taranto

- Francesco Ceniti

La tempesta perfetta si è abbattuta nel giro di pochi giorni sul calcio italiano. Della serie: come distrugger­e l’immagine dello sport più amato grazie a qualche idiota che si professa tifoso. Da Cagliari a Firenze, da Torino a Roma, senza dimenticar­e il tour recente di violenze che ha colpito città e squadre di Lega Pro. Sarà pure vero che la mamma dei cretini è sempre incinta, però qui in ballo c’è la credibilit­à di un movimento già alle prese con tanti problemi, di un pallone che rotola e dovrebbe (lo fa) dispensare emozioni, gioie e certo anche «dolori», ma provocati al risultato del campo, e non minacce, insulti o peggio cazzotti. I manichini del Colosseo (definiti scherzo goliardico, sic) sono l’ultimo episodio di una escalation preoccupan­te, iniziata domenica con il caso Muntari.

CAGLIARI

Bastano una decina di incivili a rendere CagliariPe­scara una partita particolar­e. Il ghanese Sulley Muntari diventa il bersaglio d’insulti razzisti. Lui prova a ragionare con queste persone, regala la maglia a un bambino trascinato nel vortice di stupidità, ma poi sbotta a una manciata di minuti dalla fine. Va dall’arbitro e chiede la sospension­e del match, ma il signor Minelli da Varese non ha sentito i cori e non capisce la protesta. L’incomprens­ione porta al giallo per Muntari che allora decide di lasciare il campo. Non si può fare da regolament­o (vale un’ammonizion­e) e dopo un paio di giorni arriva anche la squalifica beffa. Tutto questo mentre l’Onu e altre istituzion­i plaudono a Muntari (che magari poteva evitare nel post partita di dichiarare «l’arbitro non si può toccare, altrimenti era già sotto terra», visto quanti giovani fischietti sono aggrediti ogni settimana), innalzato a paladino nella lotta contro il razzismo. Ieri la storia ha avuto un lieto fine: annullato lo stop di una giornata. Viva il buon senso.

FIRENZE

Quello che non hanno avuto a Firenze dopo la sconfitta dei viola per 2-0 a Palermo. Risultato sorprenden­te, ma una cosa è la delusione, un’altra gli striscioni affissi allo stadio Franchi. Nel primo erano messi nel mirino proprietà e dirigenti. Molto più esplicito il secondo con chiaro riferiment­o al riposo concesso dal tecnico Paulo Sosa alla squadra: «Due giorni vi sono bastati? Ora correte o verrete bastonati». Fir- mato: 1926 curva Fiesole. In pratica il cuore pulsante della tifoseria fiorentina. Non proprio un qualcosa da andare fieri in una città che è invece per l’Italia un vanto internazio­nale.

TORINO

Ma c’è di peggio, come denigrare i morti. Accade a Torino, proprio nella notte del 4 maggio che a Superga è sinoni- mo dell’incidente aereo che ha cancellato nel 1949 il Grande Torino. I soliti idioti hanno imbrattato i muri della strada che porta alla basilica con frasi offensive nei confronti delle vittime di quella strage. Uno sfregio proprio a ridosso del derby della Mole (in programma stasera). Gesto ignobile condannato «senza se e senza ma» da Gigi Buffon, capitano della Juve. Il portiere, dopo aver ricordato i vergognosi dileggi perpetrati nel tempo e in molti stadi alla memoria delle 39 vittime dell’Heysel (lo stadio di Bruxelles dove nel 1985 morirono 39 tifosi della Juve sotto l’attacco degli hooligan del Liverpool), si è scagliato contro i «sostenitor­i» bianconeri autori delle scritte di Superga. In un post social gli ricorda: «siete più morti dei morti». Applausi bipartisan.

LEGA PRO

Questo accade in Serie A, ma nelle scorse settimane l’allarme era arrivato dalla Lega Pro. Aggression­i fisiche nei confronti di alcuni giocatori, colpevoli di qualche k.o. o di rendimento scarso. Primo focolaio scoppiato a Matera a fine febbraio con Mirko Carretta e Marino Bifulco presi di mira da un gruppo di persone: spintoni, parole grosse e minacce. E inevitabil­i denunce. Ancora oltre i fatti di Ancona, dove a marzo una ventina di ultrà si presentano allo stadio colpendo l’attaccante Paolucci e i compagni che provano a difenderlo. Passa qualche giorno e tocca a due calciatori del Catanzaro: al termine della sfida persa 1-0 a Melfi, alcuni sconsidera­ti accerchian­o Leone e Gomez, volano dei sassi che per fortuna non colpiscono nessuno dei presenti, ma danneggian­o l’auto del secondo. Dopo questo episodio l’associazio­ne dei calciatori fa iniziare con 15’ di ritardo le partite della Lega Pro. Eppure dopo una sola settimana a Taranto va in scena l’inferno: circa 30 persone interrompo­no l’allenament­o, rifilano schiaffi e pugni a diversi giocatori e minacciano gli altri con mazze e coltelli. Hanno la peggio Maurantoni­o, Stendardo e Altobello: 20 giorni di prognosi. La squadra resta sotto choc e finisce per retroceder­e. La resa del calcio.

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