DA ALLEGRI A SARRI: IL MADE IN ITALY DIVERSO E VINCENTE
La scelta di tornare alla difesa a tre nella semifinale di Montecarlo conferma il gusto di Allegri per la mossa tattica sorprendente - a metà fra calcolo e azzardo - capace di scompaginare i piani del rivale. Gli aggiustamenti sono previsti in ogni sistema di gioco, ma la soluzione tattica tagliata su misura dell’avversario è una figura classica del calcio all’italiana, quello che più di ogni altro studia le caratteristiche dei rivlai per colpirli nei punti deboli. E dunque Allegri ha confermato il suo ruolo di sviluppatore più moderno di una scuola che, da Trapattoni a Capello, ha portato quintali di trofei nelle bacheche dei nostri club (e non solo). L’aspetto più curioso dell’evoluzione di Max risale alle sue origini, perché l’ispiratore iniziale, Galeone, appartiene alla filosofia opposta, un offensivismo spinto in stile olandese. E Allegri non è l’unico ad aver progressivamente cambiato spartito. Ancelotti è stato l’allievo prediletto di Sacchi, nella cui storia esistono numerosi esempi di collisioni con fuoriclasse, da Van Basten a Baggio, responsabili ai suoi occhi di non privilegiare il bene della squadra. Beh, in questi anni Carlo è diventato il paradigma dell’arte contraria, mettere i campioni a loro agio nella convinzione che ciò farà vincere la squadra, e soltanto un allenatore capace di ragionare così poteva succedere prima a Mou e poi a Guardiola con esiti analogamente felici. Il calcio di Ancelotti è un ibrido di diverse esperienze, simile in questo alla lezione di un altro dei nostri grandi maestri, Lippi. La fiducia nel fuoriclasse, però, è tipicamente italianista; ed è davvero un momento di splendore per la scuola tattica tricolore, se pensiamo alla Premier vinta l’anno scorso da Ranieri col contropiede puro e a quella che Conte sta portando a casa in modo più manovrato e collettivo, ma sempre reagendo all’iniziativa avversaria. Ne consegue che Sarri, cui in molti attribuiamo il merito di proporre il calcio più bello e divertente, sia l’ultimo erede riconosciuto di Sacchi, ovvero il calcio olandese trapiantato in Italia. Come Arrigo anche Sarri non ha un passato da atleta di alto livello, e verosimilmente non è un caso: manca loro l’astuzia del giocatore, ma nello stesso tempo non ne sono stati inquinati. Non importa quale delle due scuole preferiate, è importante che entrambe prosperino: la crescita nasce sempre dal confronto.