La Gazzetta dello Sport

«La gioia più grande Con le mie vittorie riscatto la Colombia»

- Claudio Ghisalbert­i INVIATO A CAGLIARI

Da via Roma a via Roma. Da Sanremo 2016 a Cagliari 2017. Dalla rabbia e la delusione all’estasi. Lo scorso anno, sul traguardo della Classiciss­ima, Fernando Gaviria vide svanire il suo sogno per un suo errore che gli costò una caduta ai 500 metri. Dallo sconforto si mise a piangere e neppure dopo la doccia riusciva a tratteners­i. Ieri pomeriggio ha ottenuto la prima vittoria in un grande giro. Un trionfo, al termine di uno spettacola­re lavoro della sua QuickStep, che lui stesso ha definito «la più bella vittoria e la più grande soddisfazi­one della carriera». Il colombiano ha solo 22 anni ma nel suo palmares ci sono anche due maglie iridate dell’omnium.

Gaviria, quindi meglio la maglia rosa di quella iridata?

«Senza dubbio. Questa maglia è la realizzazi­one di un sogno che coltivo da quando ero bambino. Dieci anni fa in Colombia tornavo dagli allenament­i e guardavo il Giro in television­e. Mi spiace solo che questa “camiseta rosa” sia arrivata con due giorni di ritardo».

Come mai? Che cos’era successo nelle prime due frazioni?

«Le gambe non andavano come speravo. Vedevo che c’erano tanti corridori che andavano molto più forte di me e non nascondo che questo mi ha portato un po’ di delusione. Ora questa vittoria lava via tutto e mi ridà tutta la fiducia. Ma devo dire che qui la differenza l’ha fatta la squadra: è stata magnifica. Una giornata perfetta».

Può essere stata la tensione a bloccarle i muscoli?

«Credo proprio di sì. Mi sono pre- 2 TITOLI IRIDATI IN PISTA

parato tanto e duramente per il Giro. Con la squadra abbiamo scelto di rinunciare alle classiche per essere pronti».

Ha una dedica?

«Senza dubbio alla mia fidanzata. Ero demoralizz­ato dopo le prime due tappe e mi è bastato parlare con lei per tornare sereno. Quando vinco mi bacio un polso, è un pensiero per lei».

Con quali obiettivi è qui al Giro?

«L’obiettivo come detto era questa magnifica maglia. Una maglia che mi godrò in questi due giorni e che lascerò a qualcun al- tro sull’Etna. Poi magari potrei fare un pensierino alla ciclamino. Ora Greipel ha solo pochi punti più di me. Comunque vorrei arrivare a Milano».

A chi lascerà la rosa sull’Etna?

«A Jungels. Avete visto come va forte? Impression­ante. L’ultima settimana di questo Giro è tremenda, non credo che i big di classifica siano già a tutta sull’Etna. E Bob ha le capacità per arrivare con i primi. Ma state sicuri che io, anche se dovrò faticare in salita, questa maglia me la godrò per intero».

Chi vincerà il Giro?

«Jungels. O almeno sarà in lotta fino alla fine».

Che rapporto ha con il suo connaziona­le Quintana?

Un lungo attimo di silenzio. «Diciamo che non siamo amici. Non abbiamo grossi rapporti».

È vero che lei è appassiona­to di cavalli?

«Sì, ho tre pasofino, ma è molto difficile che abbia tempo di cavalcarli».

Che rapporto ha con Petacchi?

«Molto buono. Ho affittato una sua casa in Toscana, ma finora credo di averci passato un solo giorno».

È vero che non le piace il soprannome “Misil”?

«Sì, è vero. Per favore non chiamatemi più così. La Colombia è da molte persone associata alla guerra, alle armi e ai conflitti armati. Noi sportivi, invece, con le nostre vittorie, le nostre imprese, tentiamo di cambiare la prospettiv­a. La Colombia non è il terzo mondo. Vorrei essere chiamato Fernando. O Gaviria, come volete. Questo anche per rispetto della mia famiglia, della mia gente».

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