«Caro papà ce l’ho fatta» «Caro Davide che orgoglio»
fUNA FAMIGLIA IN GRUPPO CASA MARTINELLI 1Beppe è il d.s. dell'Astana, il figlio corre con la Quick-Step: «Mi ha regalato una delle soddisfazioni più belle della vita»
Nell’acqua della piscina di Marco c’è il riflesso di un bambino che ha cinque anni. Si chiama Davide e tiene il broncio perché quel bagno sotto il sole estivo voleva proprio farlo. «Niente costume, niente bagno». La voce di papà Giuseppe risuona ancora quando si avvicina il padrone di casa. «Tranquillo, ci penso io a tuo padre». La voce di Pantani, il sorriso dei due Martinelli.
CHAT E CONSIGLI Al Giro 100 ci sono entrambi. Giuseppe, detto «Martino», oggi guida l’Astana ed è il più titolato direttore sportivo con 5 Giri e 2 Tour (più 10 vittorie da corridore). Davide, 23 anni, corre con la Quick-Step Floors e ha due successi da pro’, il più importante al Giro di Polonia 2016. Tutte le sere si sentono per commentare la tappa. «Lui è l’unico che riesce a criticarmi. È sempre stato così — dice Giuseppe — ricor- do ancora discussioni infinite in auto, di ritorno da qualche gara giovanile. Io gli facevo notare gli errori e lui rispondeva a tono. “Guarda che io faccio il direttore sportivo”, dovevo ricordargli». Davide conferma: «Abbiamo un rapporto speciale, diretto. Dopo la prima vittoria di Gaviria con il ventaglio di squadra era davvero felice. Io di più: quando avrò un figlio cercherò il video della nostra azione e gli dirò: “Guarda cos’ha combinato tuo padre a Cagliari”».
LA ROUBAIX Davide vive con i genitori a Lodetto di Rovato (Brescia), sogna di vincere la Roubaix che ha già corso da junior e ha due obiettivi: «Aiutare la squadra e finire il Giro, in modo da passare sotto casa dei nonni della mia fidanzata Rebecca», anche lei in bici con il team Isolmant. Per caricarsi ascolta David Guetta e ha le idee chiare: «Voglio fare il corridore e ce la farò», ripeteva negli anni della scuola, mentre i compagni non credevano che in casa spesso c’era Pantani a ce- na. Quando c’è riuscito, nel 2016, negli occhi del padre c’era una luce. Perché essere dilettante è un conto. Quello che fai da professionista resta. «Speravo facesse il corridore, è stata una delle soddisfazioni più belle che la vita mi ha regalato. Non credevo però che potesse diventare così bravo — conferma Martino — ma ho visto quanto impegno ci ha messo. È stata una guerra: mi diceva che avrebbe fatto due ore e non erano mai meno di tre». «Mi chiamava se tardavo, si preoccupava», risponde il figlio. Cose normali.
DNA BELGA Al passaggio da professionista con la QuickStep papà ha approvato: «In Belgio il ciclismo è una religione, corrono sempre per vincere. E poi ho amato Tom Boonen, un grande». Per far scattare la molla però c’è voluta una svolta. «Aveva 10 anni. Provava con il calcio da un po’. Non era un fenomeno e non si divertiva. Un giorno mi chiese: “Papà portami a casa una bici che ricominciamo”. Quindici minuti dopo Giuseppe Archetti, mio meccanico, gliela stava già preparando con le misure giuste». Da allora Davide non ha mai smesso di pedalare, seguito dai consigli del padre, in realtà un continuo botta e risposta. Dialogo a due voci: «Da allievo non voleva che facessi le crono » . «Troppo impegno, doveva pensare a divertirsi in bici». «In un campionato provinciale papà scese dall’auto dell’accompagnatore della mia squadra perché non mi decidevo a entrare nella fuga». «Avevo ragione: quella corsa Davide la vinse». IL SOGNO E MICHELE Il prossimo sogno è quello di unire le strade, il padre a guidare dall’ammiraglia il figlio. Anche per unire il tifo della sorella Francesca ( che lavora per l’Astana) e di mamma Anna, che è arrivata in Sardegna per la partenza e che, dovendo scegliere, pende dalla parte del figlio. «Normale, lui ha vinto tanto!», dice Davide. Vero. Tuttavia Martino ha anche sofferto. Si commuove ancora quando parla del Pirata. Fa fatica a dare un senso alla morte di Scarponi. Chiede «un aiuto dalla buona sorte per poter ritrovare un po’ di morale dopo due settimane terribili» e colpisce quando augura al figlio di «godersi questi giorni speciali cominciando dal mattino, aprendo la finestra e facendo entrare tutta la luce che può». Davide risponde così: «Michele da lassù sta guardando, ne sono sicuro. E darà una mano perché papà e i suoi ragazzi riescano a sorridere».