«Usciamo dai recinti per volare in alto» È partito il Malagò 2
1Rieletto con 67 voti su 75, Grifoni ne raccoglie appena 2 Giunta con meno fedelissimi: mani più libere per le riforme?
Lacrime, applausi, tutti in piedi: con i numeri Giovanni Malagò ha vinto alla grande. Ha raccolto 67 voti sui 75 a disposizione, mentre il suo coraggioso sfidante, Sergio Grifoni, si è fermato a quota 2. Le cinque schede bianche e quella nulla (un errore non voluto, sembra) non scalfiscono più di tanto l’applausone che ha accompagnato, fin dal 39° voto che sanciva il raggiungimento del quorum, la conferma al timone dell’ufficio del presidente al primo piano del Palazzo H. Tuttavia, a una seconda lettura delle cose, si capisce che la vittoria di Malagò non è stata una «stravittoria».
MENO AMICI In Giunta, due del suo « listino ufficioso » , Francesco Ricci Bitti e Flavio Roda, hanno fatto una faticaccia per tagliare il traguardo; per il presidente degli sport invernali è stato necessario addirittura il ballottaggio (dopo un primo scrutinio in parità) per superare il capo del tiro a volo, Luciano Rossi. Mentre due dei primi tre dirigenti all’arrivo, il rampante Binaghi e l’eterno Aracu, personaggi votati spesso in ticket, non facevano parte del listino del presidente. Esponenti, oltretutto, di stati d’animo molto diversi della platea elettorale: da una parte il capo del tennis, che vuol dare più forza politica al calcio e comunque alle federazioni più forti; dall’altra il presidente delle ro- telle da 24 anni al proprio posto, una lunga vicissitudine giudiziaria alle spalle conclusa con la prescrizione, paladino probabilmente delle piccole federazioni.
PIÙ LIBERTÀ Eppure, fra un complimento di Bach dal Mozambico, e uno del ministro Lotti da Palazzo Chigi, Malagò ha paradossalmente più libertà di movimento: non c’è nessun fedelissimo da premiare, nessuna contrapposizione netta come quattro anni fa, e – la spariamo grossa ma cercate di capirci – come per i presidenti degli Stati Uniti, il secondo mandato (visto che al momento attuale il terzo è vietato dalla legge) è quello in cui si può correre di più sul terreno delle riforme.
AVVISO AI NAVIGANTI Non a caso, il discorso del candidato Malagò, spezzato dalla commozione nel finale quando ha ringraziato la «pazienza» della sua famiglia, non è stato formale. Rivolto ai presidenti, ha invitato tutti a «volare alto», «a uscire dai propri recinti», «a evitare qualsiasi conflitto di interesse». E anche dopo, a plebiscito avvenuto, ha dimostrato di aver metabolizzato la frase del suo antagonista, «il Coni ha bisogno di essere rinnovato profondamente». Malagò ha promesso di mettere ordine nella baraonda degli statuti federali. E ha lasciato socchiusa la porta del sogno olimpico (evidente allusione a Milano): «Un presidente del Coni non può non pensarci. Vediamo cosa succede a Lima e poi faremo una valutazione più precisa».