La Gazzetta dello Sport

Amelia: «Grande Under con grandi aspettativ­e»

Portiere azzurro a vincere l’Europeo giovanile ci crede «Di Biagio in Polonia può contare su un gruppo forte e completo»

- Vincenzo D’Angelo INVIATO A CRACOVIA (POLONIA) DOMENICA 18 GIUGNO 2017

L’ombra di Buffon ne ha frenato la carriera in Nazionale, senza togliergli comunque la soddisfazi­one di far parte della spedizione campione del mondo in Germania nel 2006. Ma non è l’unico titolo vinto da Marco Amelia con l’Italia. In bacheca ci sono altri due cimeli, come l’Europeo Under 21 2004 e il bronzo olimpico ad Atene, un mese più tardi. Oggi Amelia, 35 anni, si allena in attesa di una nuova squadra e una nuova stimolante avventura, dopo un anno diviso tra il Chelsea - come vice di Begovic, dopo l’infortunio accorso a Courtois - e il Vicenza, retrocesso in Lega Pro. E nel frattempo studia marketing e comunicazi­one, per portare le aziende in cui ha investito a un livello sempre più alto.

Amelia, che ricordi ha dell’avventura 2004?

«Avevamo una grande pressione addosso, anche perché per l’opinione pubblica non eravamo tra gruppi più forti di quegli anni. Però era una squadra di grandi uomini prima di tutto. E lo dimostramm­o. Ricordo ancora il discorso del presidente del Coni Petrucci e del presidente Carraro: l’Italia teneva tantissimo a qualificar­si per l’Olimpiade, quindi l’obiettivo minimo era chiudere tra le prime tre».

Quanto è importante per la carriera di un giovane questa manifestaz­ione?

«Oggi tantissimo, e lo capisci anche dall’attenzione mediatica che si porta dietro. Quando giocavo io c’erano tanti campioni come Hleb della Bielorussi­a o il blocco di Croazia e Serbia, pieno di qualità, ma se ne parlava meno. L’Europeo U21 è il primo vero step internazio­nale e per molti ragazzi diventa un modo per cominciare a confrontar­si con scuole calcistich­e diverse, oltre incrociare i campioni del futuro».

Questa Italia le piace?

«E’ un gruppo molto forte, certamente completo. Per questo le aspettativ­e sono alte».

Lei è stato l’ultimo portiere U21 a vincere un Europeo. Stavolta potrebbe toccare a Donnarumma. Che idea si è fatto della questione con il Milan?

«Non mi sento di giudicare o crocifigge­re un ragazzo così giovane. Quella tra Gigio e il Milan sembrava la classica bella storia da portare come esem- pio per i ragazzi che si avvicinano al profession­ismo. E invece poi è andata così. Lui e il suo agente hanno preso la loro decisione, ci avranno riflettuto bene e a lungo, valutando vantaggi e svantaggi di un addio. Credo che sia consapevol­e dell’esperienza fantastica che il Milan gli ha permesso di fare e della fiducia che hanno avuto nel lanciarlo così presto in Se- rie A. Donnarumma è sicurament­e un ragazzo ambizioso che sa di poter avere una grandissim­a carriera davanti e forse oggi reputa il Milan un gradino inferiore rispetto ad altri top club».

Ma un po’ l’ha delusa?

«Resto un romantico del calcio, mi sarebbe piaciuto vedere Gigio sempre al Milan e spero si possa ancora tornare indietro. Altrimenti peccato, ma il Milan non finisce certo con Donnarumma. E’ stato grande e tornerà grande».

Gigio sta all’Under come Buffon ai grandi. Quanto è dura per le riserve dei fenomeni?

«Io l’ho vissuta bene. Se vuoi migliorare devi allenarti con chi è più forte di te. Buffon è sempre stato uno stimolo, volevo “andare” come lui, ma logicament­e non era possibile. Però quell’ambizione mi migliorava. E anche quest’anno con Courtois è stato lo stesso, perché anche a 35 anni ho ancora voglia di provare ad essere al loro livello».

In Italia c’è una nuova generazion­e di ottimi portieri. Da Meret a Scuffet, prossimi leader U21, a Zaccagno e Plizzari, protagonis­ti al Mondiale U20.

«E aggiungere­i nell’U20 Perisan, sempre dell’Udinese. La scuola dei portieri italiani è sempre stata la migliore, lo dice la storia e lo ha scoperto anche Courtois quest’anno, visto che ha avuto un preparator­e italiano (Spinelli, ndr). Meret lo volevo piccolissi­mo in Lega Pro, quando avevo la Lupa Castelli: ben impostato tecnicamen­te e mentalment­e. Scuffet l’ho scoperto dopo: a Como ha sofferto, ma ha un potenziale ottimo. Zaccagno ha fatto un gran Mondiale, Plizzari è giovanissi­mo e già terzo al Milan…».

Un segno dei tempi che cambiano?

«C’è stata un’oggettiva necessità di puntare sui giovani. Questa, abbinata ai grandi preparator­i italiani, ha creato questa bella invasione di talenti » . Conferma indiretta: l’Italia del futuro è in mani sicure.

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GETTY Marco Amelia, 35 anni, qui in azione all’Europeo Under 21 del 2004

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