Scintilla Sutton «Più ci danno per spacciati, più ci caricano»
Il rientro dell’ala di Trento in gara-4 è stato fondamentale: «Sto bene e so come gestirmi»
Un predestinato. Dominique Sutton è nato a Durham, North Carolina, sede della Duke University, potenza nel college basket. Di mestiere non poteva che fare il cestista. Pochi minuti dopo la fine di gara-4, la travolgente vittoria della sua Trento che ha pareggiato la finale scudetto con Venezia, non riesce a togliersi dal viso quel sorriso che lunedì sera si era trasformato in una smorfia di dolore dopo lo stiramento al bicipite femorale destro. Dieci minuti, 3 punti, 4 rimbalzi, 3 palle perse. Ma non sono le cifre a definire l’impatto dell’ala ritornata all’Aquila dal Nancy dopo l’infor- tunio di Lighty a fine gennaio. Quando si è alzato dalla panchina a un minuto e mezzo dalla fine del primo quarto, le pareti del PalaTrento hanno tremato.
STUPENDO «E’ stata una sensazione stupenda – confessa Nique – Sono stati 3-4 giorni molto stressanti. Non sapevo se sarei stato in grado di giocare, cosa sarebbe successo anche se ce l’avessi fatta. Sono sceso in campo e ho pensato solamente ad entrare in ritmo. Un paio di minuti qua e là sono bastati. Mi sento bene, posso dare il mio contributo». L’ombra di una possibile ricaduta non lo preoccupa: «Ho già avuto questo tipo d’infortunio, e anche se è sempre molto delicato, so come gestirmi, cosa fare e cosa non fare, senza esagerare. Lo staff medico è stato fantastico. La mattina presto in piscina, poi sala pesi e trattamenti. Sono state giornate molto lunghe, ma il lavoro ha pagato».
ENERGIA Trento continua a stupire per l’energia contagiosa con cui gioca. Da dove arriva? «Ce l’hai o non ce l’hai – sorride Sutton – Questo è un gruppo che fa della difesa il suo punto d’orgoglio. Sappiamo di non avere un grande potenziale offensivo per cui dobbiamo fermare gli avversari, farli uscire dalla loro zona di comfort, in modo da poter trovare canestri facili in transizione o portare a casa falli. Siamo in grandissima forma fisica, ormai lo facciamo da talmente tanto tempo che è diventata una cosa naturale per noi. Sappiamo cosa c’è in palio e vogliamo lo scudetto. La gente ci dà per spacciati da tempo. Nessuno si aspettava che arrivassimo sin qui, nessuno pensava potessimo battere Milano, e ora nessuno crede che si possa conquistare il tricolore. Ci piace smentire tutti, ogni volta che sentiamo dire queste cose è come se gettassero benzina sul fuoco del nostro desiderio. Alla fine guardate un po’ il tabellone e ditemi cosa racconta...». Racconta di un’Aquila che non smette di volare, che crede nelle favole, una storia straordinaria comunque vada a finire.
MOTORE Negli Stati Uniti c’è un libro illustrato utilizzato moltissimo nelle scuole primarie per insegnare ai bambini la forza dell’ottimismo e del lavo- ro. Si chiama «The Little Engine That Could»,. E’ la storia di una piccola locomotiva che riesce a trascinare un lunghissimo treno in cima a una montagna ripetendo il motto «penso di farcela». Trento ricorda molto quel piccolo motore. Anche se qualche cilindro in più ce l’ha. «Beto Gomes ci ha trascinato tutto l’anno – chiude Sutton – Sono arrivato qui che eravamo fuori dalla zona playoff, con 6 vittorie e 9 sconfitte a fine andata. Da allora tutti abbiamo fatto un passo in avanti, Beto per primo. Speriamo di riuscire ad arrivare in cima, mancano solo due vittorie». La vetta è lì, a due passi. E Trento pensa di farcela.
BETO CI STA TRASCINANDO DALL’INIZIO DEL RITORNO CI PIACE SMENTIRE TUTTI, NESSUNO SI ASPETTAVA ARRIVASSIMO QUI DOMINIQUE SUTTON SU GOMES E L’AQUILA