La Gazzetta dello Sport

DA PEP A GASP FINO A SARRI LA RIVOLUZION­E VIVE ANCORA

- L’APPROFONDI­MENTO di ALEX FROSIO

Arrigo Sacchi non è il proverbial­e zio d’America che ha lasciato tutto il patrimonio a un solo fortunato individuo. La sua eredità è stata condivisa da chiunque si avvicini anche marginalme­nte al ruolo di allenatore. Gli effetti di una rivoluzion­e non possono che essere più blandi della rivoluzion­e stessa, dunque ciò che oggi è considerat­o pratica comune e «scontata» è in realtà il frutto degli insegnamen­ti del profeta di Fusignano. Concetti come intensità, mentalità, pressing - non solo della «zona» che esisteva ben prima di Sacchi - erano sconosciut­i prima, oggi fanno parte del bagaglio tecnico di quasi o tutte le squadre, persino in allenatori «insospetta­bili» o comunque non così vicini alle teorie sacchiane. Alcune non sono riproducib­ili - la tattica del fuorigioco applicata alla maniera «Real Madrid-Milan 1989» oggi sarebbe un suicidio, con le nuove regole - ma certi insegnamen­ti restano vivi.

MENTALITÀ E OSSESSIONE «Andiamo a giocarcela» l’abbiamo sentito dire anche al tecnico dell’ultima in classifica. Ecco, fino a trent’anni fa, la convinzion­e comune per chi andava in trasferta, era di prenderne il meno possibile. Il primo comandamen­to di Sacchi è stato invece quello di imporre il proprio gioco, sempre e ovunque. Uno scatto mentale, prima ancora che tattico. «Il suo più grande pregio? Saperti convincere delle sue idee», dice chi lo ha avuto come allenatore. Ed è impossibil­e non pensare a uno come Mourinho, motivatore se ce n’è uno. A questo si accompagna l’attenzione ai particolar­i, un’ossessione maniacale e per molti versi logorante che ritroviamo in Pep Guardiola o Antonio Conte.

I NUOVI SACCHIANI Da un punto di vista strettamen­te calcistico, il sacchiano moderno è Maurizio Sarri, con Marco Giampaolo appena dietro. Mai speculativ­i, cacciatori del risultato sì ma attraverso il gioco, quasi sempre spettacola­ri, tatticamen­te simili: perché i difensori si muovono sempre di «reparto», insieme con il resto della squadra, perché i movimenti di attacco sono mandati a memoria in quanto frutto di allenament­i ossessivi - appunto - cercando la perfezione con la ripetizion­e. E così, con il gioco di squadra, si esalta il singolo. Lezione di Sacchi, no?

IL PRESSING Ma non serve essere discepoli per applicare il metodo di Sacchi. Preparazio­ne atletica e intensità erano parole senza senso e ora appartengo­no al linguaggio comune. L’Arrigo sottoponev­a i suoi calciatori a visioni intensive delle partite, oggi è normale consegnare ai giocatori una chiavetta usb con i video per studiare gli avversari. Per non parlare di squadra corta, pressing e «uscite». Il Milan studiava i calciatori avversari tecnicamen­te più deboli per andare ad attaccarli: oggi si chiama «pressing orientato», bloccare le linee di passaggio verso i giocatori più tecnici per far giocare i meno dotati. E lo fanno in tanti. C’è anche chi ha aggiunto qualcosa: il pressing immediato e altissimo di Guardiola o Klopp è diventato un marchio di fabbrica, ed è un’evoluzione di quei movimenti «a sciame» che portavano le squadre di Sacchi ad aggredire in gruppo l’avversario in difficoltà.

AGGRESSION­E La rivoluzion­e sacchiana ha coinvolto tutti i giocatori in campo, attivandol­i sia quando hanno la palla sia quando non ce l’hanno. L’attaccante che sta a guardare non esiste più, il terzino che guarda soltanto il suo avversario diretto senza «scalare» o cercare la posizione giusta, anche quando il pallone è dall’altra parte, appartiene al passato. E anche chi apparentem­ente non interpreta esattament­e i teoremi sacchiani li ha fatti suoi. «Volevo che la squadra difendesse aggredendo e non arretrando, ma avanzando»: lo ha detto Sacchi, ma queste parole potrebbero essere state pronunciat­e - e lo sono state - da Gian Piero Gasperini. Un allenatore che insegna e applica - magistralm­ente - la marcatura orientata sull’uomo. Non sarebbe «da Sacchi», ma lo sono l’intensità e e il principio che la ispirano.

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ANSA L’ultima sfida tra Napoli e Atalanta, squadre che interpreta­no (in modi diversi) la lezione di Sacchi

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