La Gazzetta dello Sport

E alla Bocconi i campioni Nba studiano il brand

Nove giocatori pro’ per 3 giorni sui banchi per cercare di carpire i segreti delle aziende top italiane

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«Scuola? Un po’, ma questo era molto più divertente». Jordan Clarkson dei Los Angeles Lakers era uno dei più timidi in classe, rallegrata dalle battute di Ronnie Turiaf e dalla simpatia di Boris Diaw. Ma per i 9 giocatori Nba che hanno passato tre giorni a Milano, l’Internatio­nal Business Academy organizzat­a da Nbpa e SDA Bocconi è stato un momento di formazione per capire come creare il proprio brand e come farlo crescere a livello globale. «Abbiamo capito meglio come e perché funzionano queste grandi aziende e abbiamo diviso questa esperienza con persone che hanno un vissuto simile» ha raccontato Turiaf.

RISPETTO La tre giorni dedicata a «Branding in the Global economy» è nata da un’idea di Matteo Zuretti, direttore di marketing e relazioni internazio­nali della Nbpa, e Dino Ruta, professore di risorse umane e sports management della SDA Bocconi School of Management. «Dovevamo costruire qualcosa che fosse in linea col loro modo di vivere: abbiamo creato incontri veloci, cercando di mettere insieme tutti i loro interessi per avere impatto nelle loro vite. Questi sono grandissim­i profession­isti che hanno un grande rispetto tra loro e per gli altri» ha spiegato Ruta. Missione compiuta, a giudicare dalla reazione dei giocatori: Danilo Gallinari, Boban Marjanovic di Detroit, Nikola Vucevic di Orlando, Wilson Chandler e Gary Harris di Denver, Clarkson, Jerami Granti di Oklahoma City Boris Diaw di Utah e l’ex Ronnie Turiaf sono stati conquistat­i dai due giorni in aula pieni di incontri con amministra­tori delegati di «eccellenze italiane che fanno il paio con l’eccellenza dei giocatori» intervalla­ti dalle visite alla Ferrari a Maranello.

OPPORTUNIT­À «L’Nbpa non lavora per preservare cosa è stato acquisito nel passato, ma per trovare nuove opportunit­à per i propri associati – ha spiegato Zuretti -. Crediamo nel loro potenziale: è ovvio che in campo ce l’hanno, ma vogliamo aiutarli a raggiunger­li anche fuori, e non solo alla fine della loro carriera. Vogliamo offrire ai giocatori strumenti che permettano loro di strutturar­si, perché più sono strutturat­i, più hanno successo».

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Danilo alla Bocconi assieme al fratello Federico

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