La vasca da bagno di Lanza di Trabia Dove tutto iniziò
Trattava a mollo nella stanza del Gallia. Così creò il calciomercato con Viani, tecnico del suo Palermo
Ha vissuto ogni giorno come se fosse l’ultimo e alla fine è volato giù da una finestra. La finestra di un hotel di gran lusso, l’Eden di Roma, amato dai reali e dalle attrici, lussuoso come tutto quello che aveva avuto a disposizione da figlio illegittimo, poi legittimato, del principe Giuseppe Lanza di Trabia. Raimondo all’inizio abitava con la madre nobildonna già sposata, perciò gli fu dato il cognome Ginestra, dal nome di uno dei feudi di famiglia. E la ginestra è una pianta dura da domare, esattamente come l’uomo che fra una guerra e una puntata al casinò, tanti amori difficili e tante amicizie discutibili trovò anche il modo di inventare il calciomercato con Gipo Viani, l’allenatore che aveva ingaggiato per creare un grande Palermo. L’amico Gianni Agnelli aveva la Juve e il principe rampante non voleva essere da meno.
LA VASCA Il calciomercato si generò in maniera quasi spontanea dalle permanenze di Raimondo all’Hotel Gallia, un albergo titolato almeno quanto quello nel quale morì in circostanze che a molti non sono parse chiare. Lanza di Trabia trattava gli affari nel bagno della sua suite, riceveva nudo nella vasca i presidenti per metterli a disagio, abitudine ereditata poi da Achille Lauro con giornalisti, amici e nemici. Il principe Raimondo lo faceva con non
chalance, come con nonchalance ingaggiava giocatori che al suo allenatore non servivano e poi diceva «pazienza, lo farò palleggiare in giardino». Una frase alla Maria Antonietta, «se non hanno più pane, che mangino brioche ». Una frase teatrale come il personaggio Lanza di Trabia, che però ha lasciato un segno nello sport e non soltanto per via del calciomercato. Ha resuscitato la targa Florio inventata dallo zio Vincenzo, ha portato il Palermo allo splendore. Spendeva, spandeva, in tutti i sensi, e questo probabilmente gli altri presidenti lo per- cepivano anche attraverso i vapori della vasca.
DISPETTI Erano vezzi che non potevano far presa su Gianni Agnelli, amico suo e del fratello Galvano. Lanza di Trabia trovò il modo di impressionare anche lui ricordandogli che tutto si poteva comprare, ma non sempre. Disse no a Gianni che voleva il danese Bronèe, lui lo aveva visto giocare insieme a Ranieri di Monaco e aveva subito fatto follie con il Nancy per portarselo a casa. Agnelli dovette aspettare il passaggio del giocatore alla Roma per ingaggiarlo. Pic- coli dispetti fra amici e quasi parenti, anche se per poco: Lanza di Trabia, uomo di sport e di spettacolo, sposato con l’attrice Olga Villi, aveva nel palmares una sfilza di star di Hollywood però è stato anche il primo grande amore di Susanna, la sorella dell’Avvocato. Un legame breve inframezzato dalle mattane del principe, trasformato poi in un’amicizia lunga per modo di dire, vista la brevità dell’esistenza del principe- presidente- inventore, consumata fra eccessi e ispirazioni, alcol e droghe, nobiltà e anche miseria, perché il males- sere del figlio illegittimo gli era, raccontano, rimasto appiccicato addosso. Aveva sempre vissuto nel lusso, perché neppure la madre Madda Papadopoli Aldobrandini se la passava male, ma era cresciuto inquieto, e tale era rimasto anche dopo l’ottenimento del titolo paterno concesso dal regime.
AVVENTUROSO Lanza di Trabia era uno che amava rischiare. Gli piaceva dar prova di forza fisica, ammazzare gli squali col pugnale, andare a caccia di tigri, compiere follie. Aveva fatto la spia durante la guerra di Spagna, era stato franchista e fascista, era stato amico di Galeazzo Ciano e forse amante di Edda. Nel 1943 gli venne dato l’incarico di consegnare camion di armi alla Resistenza romana e anche i capi partigiani, come più tardi i dirigenti del calcio, vennero ricevuti in albergo, al Grand Hotel, probabilmente non nella sala da bagno. Ma Lanza di Trabia, dicono, aveva fascino e di quello, oltre che di soldi e titoli, viveva. Affascinava con l’aria da uomo in frac malinconico che ispirò la canzone del suo amico Domenico Modugno. Gli piaceva cambiare, azzardare, i suoi progetti a volte duravano assai poco perché subito si innamorava di qualcos’altro, però al Palermo ha dedicato sei anni e sono stati anni belli. Chissà se questo calciomercato, così lontano dalla dolce vita, gli sarebbe piaciuto. In fondo è anche figlio suo.
Negò il danese Bronèe ad Agnelli, comprava talenti: «Al mister non va? Gioca in giardino»