La Gazzetta dello Sport

Quintana, Porte, Bardet, Contador Poker d’assi per lo scacco al re

1L’inglese di Sky, tre volte a segno negli ultimi quattro Tour, resta il favorito. Ma non ha mai avuto una concorrenz­a così agguerrita

- Ciro Scognamigl­io INVIATO A DÜSSELDORF (GERMANIA) twitter@cirogazzet­ta

Froome, Nibali, Froome, Froome. Gli ultimi quattro Tour de France sono andati a finire così. E Nibali stavolta non c’è. Eppure nessuno o quasi stavolta è pronto a giurare che, tra 22 giorni a Parigi, il nome del capitano del team Sky — fresco di rinnovo fino al 2020 — sarà per la quarta volta nell’albo d’oro. Non manca neppure chi lo vede favorito, ma meno nettamente. In diversi sussurrano che sia la volta buona per confeziona­re lo scacco al re. È questa l’aria che tira a Dusseldorf, la «Piccola Parigi» della Germa- nia, nazione pronta ad ospitare per la quarta volta nella storia il via della Boucle. Tra misure di sicurezza eccezional­i e meteo ballerino (oggi è attesa pioggia), si comincia con una cronometro di 14 chilometri non troppo tecnica, pure dal pronostico aperto. Tony Martin sarebbe il nome perfetto per completare l’apoteosi dei padroni di casa, gente come Roglic, Van Emden e Küng prende quota nei pronostici vista anche l’assenza del re del Giro d’Italia, Tom Dumoulin, che molto avrebbe gradito questo inizio. Quello che succederà dopo è un romanzo – naturalmen­te giallo – ancora tutto da scrivere: il percorso di temi ne offre a bizzeffe, dalle cinque principali catene montuose della Francia proposte assieme come non accadeva nel 1992 alla prima volta del traguardo in cima all’Izoard, fino ai 22,5 km a cronometro a Marsiglia che gli or-

Ai miei occhi, una grande corsa a tappe deve premiare un corridore completo. Mi piacerebbe un percorso del Tour de France più equilibrat­o

ganizzator­i sperano possano rivelarsi decisivi, alla vigilia della conclusion­e a Parigi. Per noi Froome e il Team Sky restano i punti di riferiment­o, ma tra i pretendent­i al trono c’è solo l’imbarazzo della scelta. Del neocampion­e italiano Fabio Aru, outsider di lusso che guida un’Italia da 18 atleti e diverse buone carte per i successi di tappa, parliamo a parte; sogna il colpaccio anche il suo compagno Jakob Fuglsang e vuole riprenders­i la grande ribalta il colombiano Esteban Chaves, reduce da un infortunio e qui al debutto, ma pur sempre secondo al Giro e terzo alla Vuelta nella scorsa stagione. Ma i quattro pretendent­i più considerat­i sono Quintana, Porte, Bardet e Contador.

QUINTANA CONTRO IL RISCHIO TABU’ Nairo Quintana ha partecipat­o tre volte al Tour de France e mai è sceso dal podio: 2° nel 2013 e nel 2015, 3° nel 2016. Bene? Sì. Ma non benissimo. Nel senso che un ulteriore podio senza vincere non potrebbe certo accontenta­re il 27enne scalatore colombiano, pur se reduce dalle fatiche del Giro d’Italia chiuso a 31” da Dumoulin. Nairo è stato capace di vincere sia la corsa rosa (2014) sia la Vuelta (2016), però non ha ancora vestito la maglia gialla, neppure per un giorno. È lontano dall’essere all’ultima chiamata, ma meglio sbrigarsi. Curiosità: ieri, in conferenza stampa, Quintana è arrivato con il team manager Unzue, ma senza il compagno di squadra Alejandro Valverde. «Così rimarchiam­o ulteriorme­nte – ha spiegato Unzue – che qui Nairo è il nostro unico leader». Ce n’era veramente bisogno? Dalle parole del capitano — tra gli uomini chiave c’è il nostro Bennati, già al suo fianco al Giro — traspare comunque ottimismo: «Il rivale principale è Froome e avrei preferito più arrivi in salita. Ma sono qui per vincere».

PORTE, BONUS COME SPINTA Dicono che a Richie Porte, fresco di rinnovo contrattua­le con la Bmc, abbiano promesso un sostanzios­o bonus economico in caso di podio al Tour. L’australian­o aveva debuttato in un grande giro con il 7° posto al Giro d’Italia 2010 (vestì la maglia rosa nel giorno

della clamorosa fuga bidone verso l’Aquila), poi però gli è sempre mancato qualcosa per primeggiar­e nelle corse di tre settimane: il miglior risultato è il 5° posto all’ultimo Tour. Ha conquistat­o credito con la vittoria al Romandia, ha perso il Delfinato all’ultimo giorno da Fuglsang ma lottando con un leone. Lo aiuterà molto in salita Caruso (c’è anche De Marchi), poi però toccherà a lui dimostrars­i all’altezza dell’attesa, compresa quella del connaziona­le Cadel Evans: primo nel 2011, lo vede vincitore. «Non sarà solo un confronto tra due cavalli, tra me e Froome. Io so di avere una grande opportunit­à e voglio giocarmela fino in fondo».

BARDET, ALL’INTELLETTU­ALE MANCA L’ULTIMO PASSO Come si dice spalle al muro in francese? Al Tour de France 2016, Romain Bardet ha otte-

Ho visto il Giro alla tv, è stato incredibil­e. Spero che il Tour abbia buttato un occhio sulle dinamiche che può creare un percorso che includa le crono

nuto splendidi risultati: vittoria di tappa a Saint Gervais Mont Blanc, secondo a Parigi alle spalle di Froome. Il rovescio della medaglia però arriva adesso: per migliorars­i ha una sola possibilit­à, vincere. E il fatto che l’attesa di un francese primo a Parigi abbia raggiunto i 32 anni – Bernand Hinault, 1985 – non è che aiuti il numero uno dell’Ag2r (resterà lì fino al 2020) a rilassarsi troppo. «Ci sono delle attese superiori, lo so. Ma è il mio quinto Tour, il quarto in cui parto per far classifica. So pure che cosa mi aspetta. Il ciclismo è un’equazione con tante incognite. Potrei andare più forte dell’anno scorso ma classifica­rmi peggio, per esempio. Vedo Porte sullo stesso livello di Froome, e il fatto che ci siano solo tre arrivi in salita vuol dire che bisognerà sfruttare le opportunit­à in ogni momento utile. Le montagne del Massiccio Centrale potranno sorprender­e molti». Finora, per la verità, la sua non è stata una grande stagione: a marzo, alla Parigi-Nizza, aveva pure subito l’onta dell’espulsione per traino. Ma scommettia­mo che una maglia gialla indossata a Parigi gli varrebbe l’assoluzion­e perenne dei tifosi di casa?

CONTADOR E LA SFIDA AL TEMPO CHE SCORRE

I 35 anni per Alberto Contador non sono poi così lontani: arriverann­o il 6 dicembre. Il belga Firmin Lambot ne aveva compiuti 36 quando vinse il Tour del 1922, ma stiamo parlando di un’altra epoca. Quest’epoca racconta invece di un Contador re nel 2007 e 2009 dopo il debutto del 2005: un’ascesa folgorante, la tripla corona (successi anche al Giro e alla Vuelta) conquistat­a in neppure due anni. Poi Alberto è stato capace di confermars­i in Italia e in Spagna, ma non in Francia: dal successo 2010 perso a tavolino sono arrivate solo delusioni che peraltro non gli hanno fatto perdere la consueta, feroce determinaz­ione. Negli ultimi tempi ha perso tante brevi corse a tappe per pochi secondi, qui vuole un finale diverso: «Nel 2014 (poi cadde e fu costretto al ritiro, ndr) dissi che mi trovavo nella miglior forma di sempre, e dai dati che ho non mi sento in una situazione molto differente. Questo è un Tour atipico, può succedere di tutto, non sarà facile controllar­e la corsa. La positività all’Epo di Cardoso (la Trek-Segafredo l’ha sostituito con Zubeldia, ndr) è stata una sorpresa enorme. In squadra c’è tolleranza zero, ma non si può controllar­e tutto quello che succede». Le sue vere parole d’ordine sono uguali a quella degli altri. Lottare per il titolo, mettere fine al regno di Froome. Perché l’impression­e è che il vento del cambiament­o stia soffiando molto forte.

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REUTERS Chris Froome, 32 anni, con la nuova maglia bianca del Team Sky

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