La Gazzetta dello Sport

Vasco dei record: perché tanto successo e come ha fatto a diventare un mito? Stupendo!

Stasera il concerto di Modena che celebra i quarant’anni di carriera del Blasco. Dai periodi bui ai trionfi, con le sue canzoni ha conquistat­o e attraversa­to intere generazion­i

- di GIORGIO DELL’ARTI gda@vespina.com

Quarant’anni di carriera. Questa cosa di Vasco Rossi a Modena che si annuncia enorme, 220 mila spettatori, già ce n’erano diecimila alla prova generale live dell’altra sera, oltre mille uomini impegnati nella sicurezza, almeno 12 milioni di incasso, paginate sui quotidiani...

1 Sul concerto c’è un altro pezzo, noi dovremmo occuparci della vita di Vasco Rossi, del mito di Vasco Rossi, le cui canzoni hanno conquistat­o diverse generazion­i...

Vuole scherzare? Crede che ci sia qualche lettore ignaro della vita del Blasco, la mamma del Blasco che lui chiama subito al telefono quando gli dànno la laurea honoris causa (merito soprattutt­o del letteratis­simo compaesano Marco Santagata), il Blasco «via di mezzo fra un sottoprole­tario e Briatore» (Berselli), il VascoBlasc­o e i problemi con la droga, e nell’84 lo ammanettan­o pure, e dice però che «con le droghe il mondo è sempre andato avanti e non si può farle sparire con la bacchetta», poi c’è il Vasco che ha bisogno della famiglia, confessa a Filippo Ceccarelli «ho pensato anche al suicidio, ma non ho visto la luce nella fede, mi ha aiutato l’affetto della mia famiglia», poi c’è il Vasco pieno di rabbia e che sente il mondo nemico («Non si può fare quello che si vuole / non si può spingere solo l’accelerato­re / guarda un po’ ci si deve accontenta­re / qui si può solo perdere / e alla fine non si perde neanche più»), faceva l’anarchico un mezzo secolo fa, ha la bellezza di 65 anni, «nato a Zocca (Modena) il 7 febbraio 1952, Cantante. Autore. Tra i suoi più grandi successi: Albachiara (1979), Colpa d’Alfredo (1980), Vado al massimo (presentata nell’82 al Festival di Sanremo), Vita spericolat­a (Sanremo 1983), Bollicine (vincitrice del Festivalba­r 1983), C’è chi dice no (1987), Liberi liberi ( 1989), Gli spari sopra (1993), Stupendo (1993), Un senso (2004, Nastro d’argento 2005 come miglior canzone originale in Non ti muovere, di Sergio Castellitt­o) » , scheda biografica a cui va messa, a mo’ di epigrafe, la frase: «Non sono un drogato, ma neppure un borghese travestito da balordo». E aggiungere­i: «A Sanremo 1983 non ero ubriaco, ero diversamen­te lucido».

2 Tiri fuori dall’archivio quel pezzo in cui dice come si prepara a un concerto.

«Sul palco provo un’emozione profonda, un attacco di brividi che però devi tenere sotto controllo, sei tu che devi gestire la situazione. L’attimo prima è un attimo di panico totale, che per magia quando comincia la musica si trasforma... sono abituato, ma tutte le volte ricapita... bisogna che ti dimentichi la responsabi­lità. Io faccio degli incubi nei mesi precedenti: quello ricorrente è che mi dimentico le parole, è una cretinata, ma è così, le parole sono fondamenta­li. Cerco di scaricare la tensione con tutti i miei riti, faccio stretching, per non pensare, me ne sto in camerino da solo, mi scrivo la scaletta, perché voglio entrarci proprio dentro, l’ordine è fondamenta- le. Bisogna arrivare alla scaletta perfetta. Io poi parto il giorno prima del concerto, mi chiudo negli alberghi, non voglio neanche ricevere telefonate perché qualsiasi cosa mi può innervosir­e, voglio arrivare calmissimo sul palco. E poi c’è la preoccupaz­ione di essere in forma... È uno sforzo enorme, perché il mio concerto è molto energetico, mi preparo, faccio un po’ di footing. Non tanto, ma almeno mezz’ora al giorno per fare il fiato. Io sono quel genere lì, il rock è una cosa fisica. Due ore prima smetto anche di fumare, che per me è incredibil­e. Quando non sono in concerto – e può passare tanto tempo – quello è il momento in cui devo fare i conti con me stesso, con tutti i casini della mia vita privata. È dura, io sarei tentato di stare sempre sul palco, lì tutto funziona, e invece la vita è tutta diversa».

3 Finisce sempre con «Albachiara­a».

«L’ultimaima canzone in con-concerto è semprempre Albachiara. Ho provato unana volta a toglierla dalla scalettatt­a ma la gente non se ne andava più... Finché non la sentono non se ne va nessuno, così la metto sempre alla fine».

4 Come si spiega che uno così va poi alla più borghese delle manifestaz­ioni canore, cioè il Festival di Sanremo?

Calcolo. All’inizio degli anni Ottanta il Blasco s’era fatto un certo nome, con i suoi decise che poteva essere il caso di fare Sanremo. Senza volere, gli preparò il terreno il giornalist­a Nantas Salvalaggi­o, che lo aveva visto durante un Motor Show di Bologna ripreso da Domenica In: «…Ma poi, come una manciata di guano in faccia, è apparso un “complessin­o” che io destinerei volentieri a tournée permanenti in Siberia, Alaska e Terra del Fuoco. Il divo di questo “complesso”, che più complessat­o di così si muore, è un certo Vasco. Vasco de Gama? Ma no, Vasco Rossi… per descriverl­o mi ci vorrebbe la penna di un Grosz, di un MacMaccari:cari: un bell’ebete, anzi un ebete piuttosto bruttino, malfermo fermo sulle gambe, con gli occhiali fumè dello zombie, dell’ alcolizzat­o, del drogato “fatto”». Vasco cantò Vado al massimo alludendo a «quel tale che scrive sul giornale» e alla fine buttò il microfono per terra. Lui dice che gli era caduto: «Mi era caduto il microfono. Io non mi girai a raccoglier­lo. Non si fa. L’avevo imparato da Mick Jagger». Tutti i giornali a far titoli.

5 Come mai questo soprannome, Blasco?

«La combriccol­a del Blasco è nata dalla nonna di un’amica: si era a Rimini, era tornata a casa all’alba, e mi raccontò che sua nonna il giorno dopo era incazzatis­sima, e non sapendo il mio nome le disse: “Voi della combriccol­a del Blasco...” e io aggiunsi poi: “...che son tutta gente a posto”. Altre canzoni sono nate come risposte: Siamo solo noi è una frase di mia madre che sempre mi urlava: “Sei solo te che fai questo e quello”. Non le ho mai detto che mi ha ispirato, e tanto continua a dire le stesse cose».

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