La Gazzetta dello Sport

«La mano non è ancora ok Però mi sento più forte»

Il recupero e il ritorno: «Non ho sensibilit­à a pollice e indice, ma non pensavo di trovare subito questo livello di gioco»

- Federica Cocchi

Poco prima di Natale del 2016 ha riavvolto il nastro della sua vita. Pochi istanti, sufficient­i a un rapinatore, entrato nella sua casa di Prostejov, in Repubblica Ceca, per mettere a rischio la vita e la carriera di Petra Kvitova. Aggredita dall’uomo con un coltello, Petra si è difesa a mani nude, rimediando gravi ferite alla mano sinistra, la mano che usa per impugnare la racchetta. La stessa mano che le è servita per conquistar­e due volte il titolo a Wimbledon. Un’operazione chirurgica delicatiss­ima durata oltre quattro ore per sistemare tendini e nervi lacerati e sei mesi di riabilitaz­ione poi, per Petra il rientro a Parigi, al Roland Garros. A Birmingham la settimana scorsa ha vinto sulla sua amata erba, la superficie che più la esalta. Un trofeo che ha il sapore della rinascita.

Petra, tanta paura, preoccupaz­ione, dolore. Ora tutto sembra tornare al proprio posto. A Birmingham ha avuto una grande settimana, si aspettava un recupero così rapido?

«No, per nulla. Non immaginavo che sarei tornata a giocare così in fretta, e soprattutt­o non pensavo di ritrovare così in fretta questo livello di gioco».

La sua mano è tornata come prima?

«No, purtroppo non ancora. Non ho la sensibilit­à al pollice e all’indice, non li sento proprio e quindi non ho ancora molta forza nella mano, ma l’erba in qualche modo mi ha aiutata a ritrovare il mio gioco e arrivo a Wimbledon con grande voglia di fare bene».

Quello che le è successo ha cambiato la sua vita in qualche modo?

«Ha cambiato tutto. Mi sono resa conto di essere fortunata di avere una seconda possibilit­à. Apprezzo molto di più le piccole cose. Essere qui, viva, a raccontare quello che è succes- so per me è una grande vittoria. E l’altra grande vittoria e poter di nuovo calpestare il campo da tennis. Ora sento l’adrenalina scorrere nelle vene e ho tanta voglia di giocare».

Wimbledon, quanti ricordi. Ci racconti la prima volta che ha sollevato quel mitico trofeo dopo aver battuto Maria Sharapova nella finale del 2011.

«Mi sembra passato un secolo! Mi sembrava di vivere un sogno e ancora adesso se chiudo gli occhi rivivo quel momento: Ace sul match point, e io che vinco il mio primo Slam».

La classica vittoria che cambia

Petra Kvitova, 27 anni Col trofeo di Wimbledon del 2104, secondo trionfo a Londra Petra con la mano sinistra fasciata dopo l’intervento

la vita.

«Ero molto giovane e vivevo nel mio mondo. Il mio successo ha scatenato la curiosità dei media, quando sono tornata in Repubblica Ceca mi hanno celebrata come una regina. Era tutto così nuovo, e strano. Ma non ci sia abitua mai: quando ho vinto nel 2014 contro Bouchard ero più consapevol­e ed esperta ma ho festeggiat­o tantissimo con il mio team e la famiglia».

Lei ha una squadra molto unita. Quanto è stata importante per il suo recupero?

«Sono stati fondamenta­li per portarmi fuori da questo periodo difficile. Il mio coach Jiri Vanek e il preparator­e atletico David Vydra sono stati sempre con me. Ogni giorno del mio calvario. Loro hanno sempre creduto in me, hanno sempre saputo che sarei potuta tornare e questa fiducia io l’ho sentita e mi ha spinta fino a Wimbledon. Ora siamo un team ancora più forte».

Questo è l’anno dei «ritorni».

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