CARO ARRIGO, NON ESISTE UN SOLO COMANDAMENTO
Non si può negare che Arrigo Sacchi abbia portato una ventata di aria nuova nel nostro calcio. Ma la storia racconta che il primo in Europa a proporre la zona–pressing sia stato Eriksson, nel Goteborg. Mentre da noi l’antesignano è stato Marchioro. Dopo di lui una rivoluzione tattica è stata avviata dai primi tecnici usciti dal supercorso di Coverciano: Giacomini, Sonetti, Bianchi, il sottoscritto e qualche altro. Ricordo che nel ’78 Claudio Coutinho, c.t. del Brasile, tenne una lezione su tre tipi di pressing: offensivo alto, a centrocampo e difensivo. Sono un convinto assertore che nel calcio non esista un solo comandamento, una squadra dovrebbe essere capace di cambiare pelle durante i 90’. Parliamoci chiaro, il Milan di Sacchi ha vinto come il Milan di Capello. Errato ritenere che ci sia una sola formula vincente. Altrimenti quest’anno l’Atalanta non avrebbe strabiliato la compagnia. E non giocava a zona. Invito tutti, piuttosto, a rivedere un Varese–Bari della stagione 1981-1982. Il mio Varese camaleontico contro il Bari a tutta zona di Enrico Catuzzi. Due modi diversi di interpretare il calcio, eppure venne fuori una partita bellissima. Finimmo alle spalle delle prime tre: Verona, Pisa e Sampdoria. Ma se fossimo saliti in Serie A, Catuzzi ed io avremmo anticipato Sacchi di qualche anno. Vero è che a Varese ho avuto il privilegio di lavorare con un preparatore atletico come Enrico Arcelli. Era avanti a tutti di dieci anni. Mentre a Lecce erano con me Roberto Sassi e Massimo Neri, che scrisse una tesi di laurea sul test di Conconi applicato al calcio. Ogni calciatore aveva una tabella di marcia personale, a seconda delle caratteristiche del suo motore. Il principio era: non si può far correre una 500 come una Ferrari. A 16 anni Antonio Conte era un mostro, sotto l’aspetto fisico-motorio.