Lezione Federer «Giovani, ci vuole più coraggio»
«I giovani? Per battere noi Fab Four devono attaccare di più. Invece fanno solo il 2% di servizio e volée»
Il signor Nick Newlife, in quell’estate del 2003, aveva intuito che l’avvento di Federer a Wimbledon e nel tennis possedeva qualcosa di messianico e così puntò 1520 sterline su Roger vincitore di 7 titoli ai Championships entro il 2019. La scommessa era data 66 a 1. L’impresa al Divino riuscì nel 2012, ma Newlife era morto nel 2009 e il ricavato, oltre 100.000 sterline, andò a un ente benefico.
A LETTO TARDI Il 2017. Fino a gennaio, l’orizzonte perduto e la pietra di paragone della solita domanda: riuscirà mai Federer a rivincere uno Slam? A ripeterla 6 mesi dopo, sembra uno scherzo. Risanato e resuscitato, Roger si è preso l’Australia e poi di nuovo i prati di Church Road. Per l’ottava volta, un record. E ha riassaporato il piacere del ballo di gala: «E’ stata una serata eccitante, purtroppo sono arrivato un po’ tardi, dopo la portata principale,e ovviamente ho ballato con la Muguruza. Il problema è che dopo le danze sono andato al bar con 30 o 40 amici, ho bevuto diversi cocktail, sono andato a letto alle 5 e adesso sento le campane nella testa e ricordo poco di quello che è successo». Un party da rock star, come l’ha definito lui stesso. O da leggenda. Infinita. Tanto che adesso le prospettive cambiano, addirittura si allungano a immaginare il 20° Slam già in America a settembre oppure il 10° Wimbledon. Il Divino, di fronte alla storia, torna umile: «L’obiettivo adesso è assaporare l’ottava coppa. Non ne ho mai fatto una questione di numeri, avevo apprezzato lo Slam 17, mi è piaciuto molto il 18, adoro il 19. Ma l’importante è che io continui a di- vertirmi, rimanga sano e possa competere a lungo per vincere».
IL NUMERO UNO La caccia proseguirà sul cemento degli Stati Uniti, anche se probabilmente Federer salterà il Master 1000 a Montreal per ripresentarsi a Cincinnati. E con Murray e Djokovic affannati e infortunati, i secondi 6 mesi dell’anno saranno una corsa a due con Nadal per il numero uno di fine stagione: «Il ranking non è mai stata un’ossessione, ma è vero che adesso siamo tutti molto vicini e non escludo che Nole e Andy, se staranno bene, possano vincere 20-25 partite di seguito, perché è già successo, e quindi rimanere in alto. Certo, quando fai bene torneo dopo torneo, il numero uno diventa un obiettivo, ma a me farebbe felice pure tornarci per una sola settimana». Anche a girarci intorno, l’argomento resta sempre lo stesso: per quanto tempo ancora i Fab Four avranno la forza di dettare legge? Dal 2003, a Wimbledon, solo loro si sono spartiti il titolo e Federer ne individua il motivo: «Resto stupito quando guardo le statistiche e leggo che il ragazzo che ho di fronte fa serve and volley il 2% delle volte. Vorrei vedere più giocatori e più coach interessati a prendersi più chance e poi assistere a cosa succede. Decidi di stare a fondo campo con Murray, Djokovic e Nadal? Fortunato se arrivi nei primi 50 del mondo. E’ anche vero – prosegue – che il sistema che assegna i punti oggi è più complicato e non permette ai più giovani di salire in fretta la classifica, quando ho iniziato io ti davano punti in più se battevi uno dei top 5, ma non so se sia riproducibile. In ogni caso la nostra generazione ha preso forza dal fatto che ci fossero alcuni dei
giocatori più grandi di sempre, ci siamo stimolati a vicenda».
IL TEAM Intanto, per il Masters di Londra di fine anno, ci sono al momento due qualificati: Nadal e lui. Il tempo che si ferma. Soltanto qualche mese fa, parlando dei più grandi rivali della storia dello sport, il pensiero più ricorrente era che fossero arrivati alla fine: «Per me – racconta Roger – è stato importantissimo che il mio team ci credesse. Non sono stato io a dover portare avanti la squadra, piuttosto il contrario. È in queste cose che il team fa la differenza. Rassicurarmi quando ho avuto dubbi, o farmi tornare con i piedi per terra quando le cose vanno troppo bene. Ho chiesto a tutti loro apertamente se credessero nelle mie possibilità di vincere un altro Slam e tutti mi hanno risposto allo stesso modo, cioè che se fossi stato al 100% e voglioso di giocare, tutto sarebbe stato possibile. Per questo la pausa dello scorso anno è stata necessaria». Con l’Australia come apoteosi della scelta: «Mettere a confronto quella vittoria con questa è difficile, l’unico punto in comune è il fatto che sono padre di 4 figli. Diciamo che Melbourne, specialmente dopo la vittoria in 5 set contro Nishikori, mi fece capire che fisicamente avevo recuperato tutte le energie». E adesso? «Beh, adoro giocare, mia moglie mi sostiene in tutto e per tutto, è fantastica. Adoro competere nei grandi tornei e non mi importa dei viaggi o degli allenamenti. Ora che sto giocando un po’ meno ho anche più tempo a disposizione. Mi sento come se stessi lavorando part-time, ed è una gran bella sensazione...». Si chiama onnipotenza.