La Gazzetta dello Sport

Il volo di Barella «Ora l’Under 21 e il primo gol in A»

«Mi ispiro a Conti: a Cagliari è un mito. Sogno un tiro all’incrocio come quelli di Stankovic»

- Francesco Velluzzi INVIATO A PEJO (TRENTO) MASTRANGEL­O

A RASTELLI DEVO LA VITA: MI HA DETTO CHE DOVEVO METTERMI IN RIGA NICOLO’ BARELLA SUL TECNICO DEL CAGLIARI

«Io a Rastelli devo la vita». E ti credo... L’ha definita un Dunga con i piedi di Rui Costa... Nicolò Barella sorride. Poi si ferma e riflette. Ha la freschezza del ventenne, ma è cresciuto in fretta. Merito di Federica Schievenin, sette anni in più di lui, che lo ha appena fatto diventare papà di Rebecca, ma pure merito del tecnico campano che lo ha fatto svoltare dandogli 28 presenze nell’ultimo campionato di A in cui Barella si è consacrato come mezzala di successo. Oggi il numero 18 rossoblù ha le big d’Italia e d’Europa che lo seguono, un’altra stagione da vivere nella sua città e una maglia dell’Under 21 da conquistar­e. «Sono andato via con rabbia dal Mondiale Under 20. Frattura di secondo e terzo metacarpo della mano. Abbiamo anche chiesto alla Fifa di farmi giocare con un tutore. Niente da fare. Le ho viste tutte alla tv messaggian­domi con i compagni che mi hanno fatto piangere quando hanno mostrato la mia maglia azzurra».

Smaltita la rabbia?

«Sì, riparto di slancio, pensando a conquistar­mi un posto nell’Under 21. Ci tengo».

La vostra estate d’oro ha fatto accendere i riflettori su tanti ventenni. Qualcosa sta cambiando nelle idee di tecnici e media?

«Sì, mi sembra ci sia stato un cambiament­o, c’è più fiducia nei nostri confronti».

E invece il cambiament­o di Barella come è avvenuto?

«In un paio di fasi. Mi ha fatto bene il prestito di sei mesi a Como in B dove c’erano anche Scuffet e Bessa che esploderà a Verona. Sono andato con Federica e il mio cane Le Bron. Sono pazzo di lui e di Cleveland. Metto la sveglia e di notte guardo le partite Nba. Ero disorienta­to, il mio agente Beltrami, che è anche il padrino di mia figlia, mi ha portato due televisori. Un secondo padre. L’altro cambiament­o è avvenuto con Rastelli a Cagliari. Mi ha fatto capire che se non mi mettevo in riga non giocavo. Non è che facessi la primadonna, o che fossi una testa calda, ero un po’ so tutto io, molto sicuro di me stesso. E i grandi al primo giochetto ti fanno volare».

Ora la rispettano.

«Sì. Lo capisci dal fatto che puoi tenere il pallone tra i piedi, non solo recuperarl­o. Io prima ne prendevo tanti, continuo, ma la palla la gioco».

A Firenze ne ha seminati tanti e ha fallito il gol...

«Come mi brucia... Vivo col desiderio di segnare il primo gol: un gran destro all’incrocio nella Sardegna Arena, la nostra prossima casa, ma anche appoggiarl­a così. Mi immagino il dopo. Qui son partito bene».

Idoli?

«Dejan Stankovic, un guerriero che faceva anche dei super gol da lontano. E Daniele Conti. Da piccolo ero più nel suo ruolo. A Cagliari è un mito. Mi insegna ancora tanto. Ora io penso di essere definitiva­mente una mezzala sinistra».

In cosa deve migliorare?

«Devo imparare a gestire la corsa, che a volte è troppa. E stare nel posto giusto al momento giusto».

E 11 gialli in 28 gare sono troppi.

«Già. Ma ci tengo troppo, significa questo. Non mi tiro indietro. Tutte ammonizion­i per falli, non per proteste».

Anche se il carattere in campo è fumantino.

«A volte Barella sbarella. Ed esce il sardo, l’inglese, quel che Nicolò Barella, mezzala sinistra, è nato a Cagliari il 7 febbraio 1997. Cresciuto alla scuola calcio Gigi Riva, ha esordito in A il 4 maggio 2015 contro il Parma. Nel gennaio 2016 il prestito al Como. Ha fatto tutte le nazionali giovanili fino all’Under 20 col bronzo al Mondiale

capita. Ma finisce lì. Da piccolo ero più esagitato».

In che senso?

«Se c’era da litigare si litigava, ma ora sono calmo. Vado a mangiare il sushi, e amo i culurgione­s menta e patate molto più del maialetto. Sto con Fede, che è più pazza di me e faceva motocross, e la piccola Rebecca. Zero distrazion­i».

E zero Formentera...

«Mai. Ho preso una casa a Villasimiu­s a giugno. Il nostro paradiso. Non mi vedrete a Formentera».

Ama Cagliari e il Cagliari, insomma.

«Come non potrei. Un bambino cagliarita­no che gioca nella sua città in Serie A. È la cosa più bella al mondo».

Quanti tatuaggi?

«Uno per Rebecca va fatto».

Barella, tanti ventenni sembrano avere un gran futuro e poi, inspiegabi­lmente si perdono. E il sogno svanisce. Un consiglio a loro da parte di chi ce l’ha fatta.

«Non sentirsi mai arrivati, avere l’atteggiame­nto giusto, sfruttare le occasioni e non mollare mai. Guardate Melchiorri e seguite il suo esempio. Dalla D è arrivato in A».

STO CON FEDERICA CHE HA 7 ANNI IN PIU’, MA L’AMORE NON HA ETA’ NICOL0’ BARELLA SULLA SUA COMPAGNA

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