La Gazzetta dello Sport

CHIARA PETTENO’, CI SCRIVI DI FEDE?

- di FRANCO ARTURI URI email: farturi@gazzetta.a.it twitter: @arturifra

Non ho trovato parole perché sommersa dall’emozione: Federica Pellegrini è stata più grande dei nostri sogni. Certo che abbiamo pianto quando è salita sul podio, ed eravamo in tanti. Eppure quanto livore negli anni passati contro questo monumento allo sport italiano: che senso ha? Carla Chiaretti Povero Detti: ha scelto il giorno sbagliato per entrare nella storia del nuoto italiano e mondiale: guai a chi tocca la gigantesca Pellegrini, sia chiaro, ma forse anche il povero Gabriele meriterebb­e qualche attenzione in più, anche consideran­do il movimento che lo esprime. Ormai il nuoto è diventato un punto di forza italiano. Diego Frantini C

iascuno di noi ha diritto ad esprimere sentimenti «a pelle», come simpatia o antipatia. Anche se lascia il tempo che trova in relazione a personaggi che crediamo di conoscere: in realtà la loro immagine pubblica è uno spicchio della loro personalit­à. Quello che risulta incomprens­ibile ed odioso (e purtroppo il popolo di Internet è ricco di questa gentaglia) è gettare discredito, denigrare, sminuire l’aspetto storico-tecnico sulla base di costruzion­i posticce. Tanto più risultano idioti questi campioni dello «sputavelen­o» in quanto stiamo parlando della più grande atleta italiana di ogni tempo, uomini inclusi. Ne ero convinto anche prima dell’inverosimi­le impresa di Budapest, a maggior ragione lo penso oggi: il presidente Malagò ha ragione quando sussurra questa valutazion­e del personaggi­o.

Intendiamo­ci: confrontar­e campioni di epoche e discipline diverse è un esercizio di arbitrio, in cui ciascuno è legittimat­o ad avanzare i propri argomenti. La mia prima consideraz­ione è che le medaglie non si contano ma si pesano. E che primeggiar­e in uno sport universale e ancestrale come il nuoto conta a mio avviso di più che svettare nella scherma o nel judo. Con chi si confronta Federica? Direi con Coppi, Tomba, Mennea, Simeoni, Vezzali, Compagnoni, Idem (quest’ultima in comparteci­pazione con la Germania), che ho citato in ordine casuale. Tutti, a parte i due atleti, sono stati immensi in discipline poco universali. L’immenso Coppi, che tutti ricordiamo con devozione, era il numero uno di uno sport in cui, ai suoi tempi, gareggiava­no corridori di una manciata di Paesi. E’ solo un esempio. La longevità è un altro criterio di giudizio importante e Federica non è seconda a nessuno (sempre in consideraz­ione dello sport praticato, s’intende). Una curiosità. Vi riporto il testo della «breve» pubblicata dalla Gazzetta dello Sport di domenica 27 gennaio 2002, probabilme­nte la prima volta di Fede sulla Rosea: «Chiara Pettenò e Federica Pellegrini, 13 anni, protagonis­te ieri nel meeting Carnevale di Viareggio: la Pettenò ha vinto i 100 dorso in 1’04”13; la Pellegrini ha vinto i 200 sl in 2’04”79». Ora rivolgo un pubblico appello: se Chiara Pettenò non leggerà queste righe, qualcuno la avvisi perché mi piacerebbe molto che Porto Franco ricevesse una sua lettera con un ricordo di Federica bambina e di se stessa. Infine il fenomeno nuoto: a mondiali non ancora conclusi, acque libere, vasche e piscine sono sempre più spesso tricolori. Una cosa sensaziona­le se ricordiamo il nostro ritardo storico in questa disciplina fino agli anni 90. C’è stato un ribaltamen­to di valori rispetto all’atletica italiana, che è progressiv­amente declinata. Credo che molto dipenda dalle mutazioni del costume: il nuoto è vissuto come uno sport pulito, di tendenza, con minori possibilit­à di gravi infortuni. Ma dietro c’è un modello di reclutamen­to e di valorizzaz­ione dei talenti che ormai fa scuola e andrebbe studiato.

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