40 Ginobili
Oro olimpico con l’Argentina, campione con la Virtus, mito agli Spurs con cui rinnoverà Tanti auguri Manu eroe dei tre mondi e non finisce qui...
Quarant’anni passati troppo in fretta per chi ama il suo basket. Piazzare una stoppata delle sue all’età che incalza inesorabile diventa complicato anche per Manu Ginobili. Basta accarezzarlo il tempo, cavalcarlo con perizia, spiegando al mondo che la favola non è ancora finita. Lo ha cinguettato sui social, annunciando un altro anno agli Spurs, vidimando l’indiscrezione dell’amico Maradona: «Manu continua per altre due stagioni». Uno o due non ha importanza. Per noi conta solo poter sorseggiare ancora la pallacanestro agile, fluida e seducente del ragazzo di Bahia Blanca, nato il 28 luglio 1977 nell’Argentina morsa dalla dittatura di Videla, con l’Italia che diventa l’incubatrice di un talento sublime e poi la Nba che ne fa uno dei giocatori non americani più grandi della storia del basket. Quattro titoli Nba, tre volte All Star, un oro olimpico con l’Argentina e il Grande Slam con l’ultima imperiosa Virtus le perle di una carriera che sta voltando le spalle al tramonto.
IN ITALIA
Alba del nuovo millennio: il sogno è Andrea Meneghin. Il figlio di Dino ha vinto lo scudetto della Stella a Varese e l’Europeo di Parigi nel 1999 da mvp, diventando nell’estate 2000 il casus belli di Basket City dove il derby divampa anche sul mercato. La Fortitudo lo sfila alla Virtus, assaporando fasti imminenti, mentre le V nere «ripiegano» su quel ragazzo argentino che aveva portato in A-1 la Viola Reggio Calabria. Il 18 ottobre, nell’esordio in Eurolega contro l’Aek, Ginobili infila 1 punto. «Sòla» adombrano i detrattori, poi si scoprirà che alla Virtus è piovuto in tasca il biglietto vincente del Superenalotto. Manu infatti infila una stagione strepitosa, oscurando pure l’alone divino dello zar Danilovic, fresco di ritiro, trascinando le V Nere a una storica tripletta: prima la Coppa Italia, poi l’Eurolega vinta in finale col Tau Vitoria dopo aver demolito la Fortitudo in semifinale con un secco 3-0, infine lo scudetto, ancora contro l’altra faccia di Bologna su cui piove il secondo cappotto stagionale (3-0), immortalato dall’irreale stoppata di Manu su Myers. Quelle sfide, vissute sul filo di un pathos spesso fuori controllo, sono rimaste tatuate nella memoria del gaucho. «La cosa divertente –raccontava tempo fa - è che quando sono arrivato nella Nba cercavano di mettermi in guardia sulla pressione che c’è in questo mondo. Pensavo: non hanno mai giocato il derby di Bologna». conservando il filo cromatico della sua vita: il bianco e il nero. Questa volta è quello dei San Antonio Spurs che lo avevano scelto col numero 57. «Draft steal», furto del draft, lo chiamano in America. Ovvero: intuizioni vincenti raschiando il fondo del barile delle scelte. Peraltro la normalità in casa Spurs: Parker arriva col numero 28, Leonard col 15. Anche se, fino all’ultimo, Manu è in ballottaggio con Gordan Giricek (la storia si ripete...), poi gli Spurs imboccano il bivio giusto.
BIG MANU
Quello che Popovich si trova davanti però non è ancora il dolce e raffinato nettare di un vino sapientemente invecchiato, ma un giocatore dalla potenza selvaggia che mal si sposa con il basket pensato e organizzato di mister Pop. Tant’è che la convivenza non parte proprio benissimo, ma Manu non è solo talento, è anche intelligenza e adattamento. Cresce di gara in gara andando già all’esordio, come a Reggio Calabria e Bologna, dritto al nocciolo della questione: il titolo Nba, che arriva in finale contro i Nets. Con l’oro olimpico in tasca, nel 2004, comincia la stagione che lo consacra stella tra le stelle. Entra stabilmente in quintetto, vive il suo primo All Star Game, trascina gli Spurs nei playoff con oltre 20 punti e quasi 6 rimbalzi di media all’anello, sfiorando il titolo di mvp che l’ortodossia Nba mette nelle mani di un Tim Duncan comunque esplosivo. «Manu è probabilmente la persona più competitiva che io abbia mai visto» lo incensa Popovich, architetto dei nuovi Big Three (Manu, Parker e Duncan), con cui San Antonio arriva nuovamente al titolo nel 2007. Poi Manu e i suoi fratelli cominciano a remare contro il tempo diventando, sette anni dopo, ancora campioni Nba contro i Miami Heat di King James. Anche qui è Ginobili a postare l’essenza dell’eccellenza: schiaccione memorabile, a quasi 37 anni, volando sopra l’incedere delle stagioni. Una magia che vorremmo non finisse mai.
È PROBABILMENTE LA PERSONA PIÙ COMPETITIVA CHE ABBIA MAI VISTO GREGG POPOVICH SU GINOBILI VOLEVO ANCORA LAVORARE CON LUI PER ME È UNA PERSONA SPECIALE ETTORE MESSINA SULL’ARGENTINO
VENI VIDI VICI In Nba ci arriva nel 2002, carico degli ori intascati nel vecchio continente, A MANU SONO MOLTO LEGATO: UOMO VERO, PERSONA SUPER MARCO BELINELLI EX COMPAGNO AGLI SPURS