DA GIGIO A NEY IL GENITORE CONTA PIU’ DEL CALCIATORE
Ney, 25, e Neymar Sr., suo agente. Si dice che nel passaggio Barça-Psg avrà 40 milioni
C’erano una volta genitori che ritagliavano le foto del figlio calciatore e le collezionavano in grandi album, chiusi in un cassetto. Nostalgici, via di qui. Questo è il 2017 e i genitori hanno fatto il salto mortale: ora su quei giornali finiscono in prima persona e nel cassetto, al massimo, tengono il contratto dell’erede. Giugno e luglio hanno certificato l’estate del genitore-agente, uomo con immagine pubblica quasi come il figlio. In questi giorni si parla I milanisti Gigio&Antonio Donnarumma, 18 e 27, coi genitori: il caso dell’estate con clamorosa regolarità di Neymar sr., che si chiama come il figlio e non guadagna come lui ma insomma, si fa rispettare. Nel maxi accordo che «Ney» può chiudere con il Psg sarebbe compresa una commissione da 40 milioni per il genitore-agente. Qualcuno dice che quei milioni sono 36 però, francamente, cambia poco: siamo al mai visto prima. Non solo. In Spagna si parla molto di un bonifico da 26 milioni che Neymar sr. si sarebbe garantito alla firma dell’ultimo contratto e il Barcellona dovrebbe pagare entro domani. Per la famiglia, si annuncia una discreta settimana. Il caso è clamoroso ma non isolato. In Germania, ad esempio, il signor Pierre Aubameyang tratta il futuro del figlio con l’aristocrazia del calcio europeo e ovviamente ogni sua parola ha un peso superiore a quello di un classico genitore.
GIGIO E INSIGNE In Italia non siamo da meno. Il genitore-manager non fa parte della tradizione nazionale ma anche la famiglia, istituzione centrale nella nostra cultura, ormai si è evoluta. Il 2017 è l’anno in cui nei pranzi tra amici si è parlato per settimane di Gigio Donnarumma, storia infinita risolta solo dopo sette-otto colpi di scena. Alfonso e Antonio, papà e fratello, sono stati decisivi, qualcosa più che consiglieri come dimostra l’incontro con Montella a Castellammare.
Carmine Insigne, papà di Lorenzo e Roberto, è andato un passo oltre. Ha litigato con il trio Andreotti-Della MonicaOttaiano, gli storici agenti che poche settimane prima avevano garantito al figlio un rinnovo da 5 milioni a stagione. A quel punto, gli Insigne hanno contattato Mino Raiola e hanno firmato con lui. Impressionante.
Questi e altri casi hanno in comune l’insolita esposizione mediatica dei genitori - su questo, pochi dubbi - ma un giudizio di merito è più complicato. I casi ormai sono decine, con tante sfumature. Molti genitori fanno il bene dei figli, mentre altri non riescono a gestire le complessità del calcio. Altri ancora, senza mezzi termini, si arricchiscono alle spalle dei propri figli. Non è semplice capire se questo succedeva anche in passato, quando le trattative erano meno mediatiche, ma di sicuro qualcosa è cambiato. Le regole ora permettono a un papà di essere procuratore e l’aumento del gi-
ro d’affari ha spinto tanti genitori a entrare in scena. Qualche volta, con antipatici effetti collaterali. Il caso più clamoroso: a luglio 2016 Leo Messi e papà Jorge sono stati condannati a 21 mesi di carcere per frode fiscale.
Le storie del passato, anche quando hanno punti di contatto, hanno un’atmosfera differente. Più ingenua. Gigi Meroni stava per firmare con l’Inter ma la mamma disse no: era il caso che Luisin restasse a Como. C’è lo stesso decisionismo di oggi, ma con molto più romanticismo. Cesare Maldini addirittura non andava a vedere le partite di Paolo perché preferiva lasciarlo crescere in tranquillità e qui si apre l’altro grande tema di discussione. I bambini, i ragazzi. Giovanni Branchini, forse l’agente più conosciuto d’Italia assieme a Raiola, fa capire che le famiglie sono sempre più invadenti: «Prima di accettare di seguire un giocatore cerco di capire quali sono le aspettative della sua famiglia e quali margini
operativi vogliono avere i genitori». Come dire: se pensano decidere tutto in prima persona, meglio lasciare stare. Altri agenti raccontano che i genitori mettono pressione, chiedono contratti, vogliono monetizzare ogni occasione. Le società, quando sono interessate, si prestano. Jean-Pierre Louvel, presidente del Le Havre, nel 2009 accusò il Manchester United per il trasferimento di Pogba: «Hanno offerto 200.000 euro alla famiglia, più una casa».
Paul con gli anni si è affidato a Raiola, scelta ricorrente, e alla fine il concetto è il solito: nel calcio moderno, decide il calciatore. Può tenere i genitori ai margini o lasciare che diventino manager. Ognuno decida liberamente, con un consiglio: la moglieagente, forse, è da evitare. Thomas Hässler scelse così ai tempi del Monaco 1860 e lei, Angela, finì per tradirlo con Edgar Geenen, il manager con cui doveva trattare l’ingaggio. Brutta storia. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ESTATE HA PORTATO SUI GIORNALI I PAPÀ DI NEYMAR, DONNARUMMA, INSIGNE... IL PROBLEMA È A LIVELLO GIOVANILE: IL FIGLIO NON PUÒ DIVENTARE UN’AZIENDA