La Gazzetta dello Sport

SPALLETTI E BORJA CIÒ CHE MANCAVA

- email: lgarlando@rcs.s.it di LUIGI GARLANDO ANDO

Ok, le promesse del calcio estivo vanno prese con cautela, come quelle dei bagnini in discoteca. Ma non sono tutte balle. L’Inter che, dopo aver battuto i campioni della Bundesliga (Bayern Monaco), ha sconfitto anche quelli della Premier (Chelsea), ha spedito credibili segnali di fiducia. E non solo perché entrambe le big erano in formazione più che attendibil­e e ai nerazzurri, tra gli altri, mancava il centravant­i-capitano, Icardi. I segnali arrivano da due palesi smarcament­i dal passato. Primo: la voglia. La disfatta dell’Inter 201617 è stata etica molto prima che tecnica. Sotto l’ombrello dei mister che si avvicendav­ano, la squadra si è assuefatta alla sconfitta, senza reagire, dimentican­do amor proprio e dovere di rappresent­anza. La rabbia con cui l’Inter ieri ha sostenuto il pressing alto e sofferto nelle difficoltà, anche nella sauna di Singapore, raccontano uno spirito nuovo e nuova disponibil­ità al sacrificio. Il segreto è l’omino che in piedi vicino alla linea di gesso incitava a spremere l’anima. Se, come ha ricordato Pallotta, Spalletti s’azzuffa per averla vinta con i giornalist­i, figuriamoc­i se accetta di farsi fregare dai suoi giocatori che non corrono o si allenano male. L’ascesi e gli addominali asciutti che impone a se stesso, li pretende dai suoi uomini. Spalletti è uomo di regole, sofferenza e coerenza. Esattament­e il comandante di cui aveva bisogno l’Inter dopo anni di basso impero. Secondo smarcament­o dal passato: Borja Valero. Chi avrebbe potuto lanciare la stella cometa piovuta sul petto di Jovetic in occasione del rigore? Ma è questione di testa ancora più che di piedi, del cervello che gli detta sempre la posizione migliore al servizio dei compagni. Sapere che nella tempesta puoi scaricare la palla a Borja che la ripulisce e la trasforma in un pensiero offensivo, trasmette alla ciurma una serenità che mancava. Non è un caso che si sia rivisto il Gagliardin­i della prima versione nerazzurra, sicuro e continuo. Accanto al Maestro, gli alunni crescono. Vecino porterà ciò che manca ora al reparto: strappo palla al piede e attacco alla porta. Cioè il tesoro del pirata Vidal che Ancelotti si tiene stretto e che l’Inter giustament­e sogna. Non è banale che contro due candidate alla prossima Champions, contro diavoli come Lewandowsk­i, Müller, Morata e Bashuayi, una difesa reduce da un campionato da 49 gol presi abbia tenuto la rete pulita (l’euro-autogol di Kondogbia non vale). E’ la squadra che difende, non il reparto: se l’organizzaz­ione collettiva cresce, ci guadagnano tutti. Il giovane Skriniar ha superato un altro bel crash-test. Oltre al fisico c’è di più: personalit­à, posizione e anche sicurezza nella prima costruzion­e. Dalbert accrescerà la qualità della spinta in fascia, carente nel passato. I due gol di Eder al Bayern, il rigore procurato da Jovetic, il gol mangiato da Joao Mario fanno intendere che nella casella del centravant­i ora piovono occasioni. Icardi, spesso abbandonat­o a se stesso, potrebbe divertirsi. E ora il grande colpo per rifinire una macchina già solida e competitiv­a. Un’idea? Ivan Perisic. In una squadra più motivata e organizzat­a, nelle mani di un allenatore che assicura stimoli e condizione atletica ideali, il croato può salire l’ultimo gradino e posizionar­si tra i più grandi. Vedete di meglio in giro per tecnica, corsa e senso della rete? Siamo ancora più chiari: se l’Inter lo tiene, fa il colpo del mercato perché migliori di lui finora non ne sono arrivati e difficilme­nte arriverann­o. E’ solo luglio, l’Internatio­nal Champions Cup di Singapore non è la Champions League, anche se Chelsea e Bayern rimandano la memoria nerazzurra al dolce 2010. Però non sono risultati di sabbia. Chi si era abituato a perdere, deve vincere tanto e subito per crescere. E intanto Antonio Conte, sliding door mancata, è già diventato una vittima del nuovo futuro che avanza. Un segnale in più.

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