Inzaghi e la favola Lazio «Credo alla Champions e voglio restare in alto»
Ad Amatrice, un anno dopo. Dodici mesi fa la Lazio portava la propria solidarietà alla gente colpita dal terremoto del 24 agosto 2016. C’erano anche Simone Inzaghi e Igli Tare. Letteralmente sconvolti nel vedere quella cittadina, nella quale tante volte si erano recati, completamente distrutta. Era ottobre e ad Amatrice si cominciava a ricostruire. E anche loro, fatte le debite proporzioni e senza che ciò suoni blasfemo, stavano ricostruendo una Lazio uscita a pezzi da una stagione negativa e poi disorientata dal pasticcio Bielsa. SOGNI E REALTA’ Un anno dopo Inzaghi e Tare sono tornati ad Amatrice per ricevere il premio «Manlio Scopigno», come miglior tecnico e miglior direttore sportivo dell’ultima A. A loro la ricostruzione è riuscita in pieno. Quella di Amatrice è molto più complicata. Ma la rinascita, come ha sottolineato il sindaco Sergio Pirozzi, è cominciata. Ed è iniziata proprio dallo sport, con la recente inaugurazione del nuovo palazzetto. «E presto riavremo pure lo stadio. Il mondo del calcio ci è stato vicino. In particolare i club di Serie A. Tutti tranne Inter e Juve, però...», ha punzecchiato Pirozzi. Che poi ha ammonito: «Siamo ripartiti, ma tanto c’è ancora da fare». Un concetto che vale pure per Lazio, come hanno sottolineato Inzaghi e Tare. Fieri di come la loro creatura
cambia: via il 4-2-3-1, si lavora al 3-5-1-1. Dalla Romania il figlio d’arte: «Mi aspettavo si stia comportando, ma attentissimi a restare con i piedi per terra. «Dobbiamo chiederci - ha osservato Tare - perché Roma e Lazio negli anni abbiano vinto meno di quanto avrebbero potuto. E la risposta è che nella capitale si vive tutto in maniera esagerata, le vittorie come le sconfitte». Tradotto: guai a parlare di Champions per la Lazio. «Aspettiamo marzo - ha frenato il d.s. -. Se saremo ancora nella posizione in cui ci troviamo ora va bene, adesso è troppo presto». Ma l’orgoglio per quanto fatto c’è tutto: «Mi dà fastidio quando si parla della Lazio come sorpresa. Sono anni che raccogliamo risultati. Abbiamo giocato otto finali, vincendone la metà (due Coppe Italia e due Supercoppe italiane, ndr). Siamo una realtà solida e una delle squadre che gioca meglio in Italia». Grazie anche a talenti scoperti da lui, come Luis Alberto. «Stavo seguendo un altro del Deportivo, Lucas Perez. Ma dopo le prime partite sono rimasto colpito più da Luis Alberto e l’ho preso».
COME MAESTRELLI A trasformare in oro le buone intuizioni del d.s. è un allenatore che, da quando si è accomodato sulla panchina biancoceleste, sta facendo squadra-tecnico-club pronto D.S. BIANCOCELESTE