La Gazzetta dello Sport

Prima Joya INTUITO, FISICO E TOCCO SOFT E’ LA LEZIONE DI PALACIO

IN ARGENTINA AVEVA IL SOPRANNOME POI DATO ANCHE A DYBALA, A BOLOGNA HA RITROVATO LO SPRINT: PERLA A RODRIGO PER QUEL GOL AL GENOA. MAXI LOPEZ E LUIS ALBERTO SUL PODIO

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Il bello è che ci sorprendia­mo. Succede perché Rodrigo Palacio ha ormai 35 anni e dopo l’ultimo anno di Inter sembrava non avere più nelle gambe energia da Serie A. Nella testa, invece, il Trenza ragiona di calcio a un livello superiore. E adesso che ha recuperato lo sprint ecco il risultato della combinazio­ne esplosiva. Il gol che ha steso il Genoa è una lectio magistrali­s

sul ruolo dell’attaccante. In cattedra, il professor Palacio, laureatosi all’università della Bombonera, master in Libertador­es nel 2007 con Juan Roman Riquelme e Martin Palermo, segnando un gol in finale e ripetendos­i nel Mondiale per club poi perso con il Milan (ma l’1-1 fu suo). Lo chiamavano «La Joya», in Argentina, quando Dybala era solo un anonimo ragazzino di Cordoba, tanto per capire di che giocatore si parla.

Ecco, quel Palacio lì c’è ancora. E si è rivisto tutto a Marassi sabato sera. Il Trenza intuisce prima il velo di Destro sulla verticaliz­zazione di Pulgar - intelligen­za calcistica superiore -, sprinta e non è scontato alla mezz’ora della ripresa, resiste alla sportellat­a di Laxalt, che lanciato in corsa non è proprio una piuma, e poi la definizion­e, ah la definizion­e: esterno sull’uscita di Perin, per imprimere al pallone una traiettori­a curva che si allontana dalla mano del portiere e poi rientra per baciare il palo e finire in rete. Il declinante Palacio visto all’Inter non era ancora al tramonto: nell’ultima stagione nerazzurra aveva giocato appena tre partite da titolare in campionato. Con il Bologna è già arrivato a quattro, e nonostante sia arrivato dopo Ferragosto, quindi dopo una preparazio­ne svolta praticamen­te da solo: alle tante qualità mai abbastanza sottolinea­te, va dunque aggiunta anche l’estrema profession­alità. Non tutti quelli della sua età, e magari neanche quelli un po’ meno «vecchi», sarebbero o sono stati altrettant­o inappuntab­ili. Chi lo conosce aveva pochi dubbi: Gasperini, per esempio, lo avrebbe aggiunto con molto piacere alla sua Atalanta. Anche perché Palacio è utile in campo e forse è ancora più utile fuori, per i consigli ai colleghi, lezioni vere e proprie. Poi c’è Bologna: dove si mangia e si vive bene e lo sanno tutti, ma deve esserci qualcosa in più, visto come sta rigenerand­o Palacio dopo aver fatto tornare giovani Roberto Baggio, Beppe Signori, Marco Di Vaio. «Mi fa paura – ha detto Donadoni – per quanto corre e per le energie che consuma, perché penso che non ha più 25 anni. Poi mi ricordo della sua profession­alità, e mi dico che così può arrivare fino a 38». Se Palacio è questo, volentieri.

IL PODIO Non arriverà così lontano Maxi Lopez, che di anni ne ha 33 senza lo stesso fisico da ragazzino del Trenza (ed è della sponda River...). Però ha giocato e vinto un Champions non certo da protagonis­ta, ok con Ronaldinho, Eto’o, Xavi, Iniesta, Messi bambino. E ogni tanto si ricorda come si segna: la rete del 3-0 alla Sampdoria è facile perché Maxi è solo davanti a Puggioni, ma bellissima per esecuzione, con quel tocco in controbalz­o. A casa sua direbbero «de vaselina», la versione argentina del cucchiaio, e insomma l’effetto che fa sul portiere si può intuire. Maxi si prende il secondo posto, Luis Alberto il terzo con la punizione dell’1-1 con il Sassuolo: da lì di solito va un sinistro, lo spagnolo se ne frega e con il destro mette all’incrocio. Peccato il taglio di capelli bi-color, quello proprio non è da perla...

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