CORRE, CADE, SI RIALZA: ETERNO GIMONDI
«Non importa quante volte cadi, ma quante volte cadi e ti rialzi»: la frase è di Vince Lombardi, leggendario allenatore di football americano. Lombardi vinse tutto con i Green Bay Packers negli anni in cui Felice Gimondi conquistava il Tour, il Giro, la Roubaix... Il coach filosofo se n’è andato con la sua palla ovale in cielo nel 1970, prima che Gimondi trionfasse al Mondiale e rivincesse per la terza volta il Giro d’Italia, e certamente avrebbe amato il bergamasco che era e continua a essere un fuoriclasse di tenacia. Ancora adesso che va in bici, Felice cade e si rialza con quella feroce determinazione che ha caratterizzato tutta la sua vita.
Appena compiuti i 75 anni, Gimondi ha partecipato all’Eroica, la più affascinante delle Gran Fondo a pedali. Maglia di lana col colletto a due punte come fosse una camicia, bici Bianchi vintage e… su tutto… il sorriso di chi ancora si diverte a far quello che ha sempre fatto: pedalare!
A pochi chilometri dall’arrivo, su quelle colline sterrate nelle terre del Chianti, Gimondi è scivolato e ha picchiato la clavicola sinistra. Fosse stato per lui, sarebbe tornato in sella per concludere la gara, ma gli è stato proibito dal suo avvocato... la figlia Norma che lo accompagnava. Ricoverato per tutta la notte agli ospedali Riuniti di Bergamo, ne è uscito con una microfrattura alla spalla e la rottura di vari legamenti. Ieri mattina lo hanno dimesso e di fronte alla moglie, che sperava ne avesse abbastanza, Felice se n’è uscito con un tranquillissimo «Bella corsa l’Eroica... il prossimo anno ci tornerò e arriverò fino al Castello di Brolio...». Irriducibile! In quella frase c’è la cifra dell’uomo e del campione. Quella frase potrebbe essere letta come il Manifesto di Felice Gimondi, il ragazzo della Val Brembana, figlio di Mosè e di Angela, la postina di Sedrina. Partito dalla Bergamasca per conquistare il mondo, Felice non ha mai dimenticato le radici. Al talento ha sempre unito una granitica volontà e una proverbiale tenacia. Caratteristiche che gli hanno consentito di vincere prima e dopo il passaggio di quello tsunami chiamato Eddy Merckx.
Duro con se stesso e con i compagni di squadra, Felice si è come addolcito negli ultimi anni. I suoi racconti ci commuovono e lo commuovono. Ma, appena monta in sella, torna a essere Gimondi, quello che è «sopravvissuto» al Cannibale. La bici è il suo richiamo della foresta. Può anche capitargli di cadere: lui continua ad insegnarci come ci si rialza.