«Concretezza e realismo Così Torino crescerà»
1Coach Banchi: «A Brindisi una vittoria promettente»
Finita l’estate, chiuso l’infinito tormentone su squadre più o meno forti sulla carta. Ora parla il campo. E la prima risposta per la Torino di coach Luca Banchi è stata positiva. Un successo a Brindisi che ne conferma le ambizioni.
Coach, miglior avvio non ci poteva essere.
«Promettente, perché il precampionato è pieno d’incognite, non è mai veritiero sullo stato delle squadre, manca il fattore emotivo. Abbiamo dimostrato capacità di adattamento, con un ottimo approccio».
Sasha Vujacic, uno con 10 anni di Nba alle spalle, a 33 anni ha ancora tanta voglia di giocare.
«Lo ha fatto percepire a tutti, anche quando l’ho sentito al telefono prima di firmarlo. Ha trasmesso vibrazioni, desiderio di riscoprire il gusto di giocare in Italia».
Okeke, italiano di 19 anni, schierato in quintetto.
«Non vuol dire che necessariamente sarà sempre così. E’ un ragazzo promettente che si è avvicinato tardi al basket, non ha fatto le giovanili per cui non ci si poteva aspettare quel salto fisiologico. E’ arrivato qui in modo inatteso, una piacevole scoperta dell’anno scorso, volenteroso, umile, consapevole dei suoi limiti. Considerato che in Italia di talento non ce n’è proprio tanto, un bel colpo per Torino averlo preso».
Ci sono grandi aspettative su Torino.
«Ho le spalle larghe per sostenerle. Certe dichiarazioni non mi impressionano ma il mio compito è dare concretezza e realismo su basi solide per la costruzione di una mentalità fatta di lavoro e disciplina che ancora siamo lontani dall’avere. L’euforia va bene per il pubblico. Dobbiamo fidelizzare chi già ci segue e attirare nuovi tifosi. Devono però essere i risultati ad alimentare l’entusiasmo, non i proclami».
Sabato ospiterete Sassari.
«Sarà la prima settimana in cui lavoreremo dopo una vittoria che deve darci fiducia senza farci perdere la necessità di sentirci sempre inadeguati, alla ricerca d’identità di un gioco proporzionato alle nostre aspirazioni».
Il ritorno in Europa segna un momento importante.
«Ha un grande fascino per tutti, competere in Eurocup ci ha anche dato appeal sul mercato, per far capire la lungimiranza del progetto».
Due anni fermo. Le è mancata la panchina?
«Certo, è nella logica di chi fa questo mestiere da 30 anni. Ma l’ho vissuto con l’equilibrio dato da chi è professionalmente realizzato ma non appagato, senza frustrazione. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto».
In Serie A sono cambiati 2 giocatori su 3.
«Ne deriva uno scadimento della qualità, non si può negare che molti sono dettati da necessità e non da volontà. Siamo diventati un campionato di formazione, di esposizione per
club esteri che guardano, purtroppo solo agli stranieri, per prenderli con ingaggi che noi non ci possiamo permettere. Servirebbe più stabilità, magari a partire dagli allenatori, per dare continuità tecnica».
Pianigiani a Milano. Se lo immaginava?
«Certo. Poteva accadere anche prima senza pregiudizi. La rivalità è legittima, ma è in battaglia che apprezzi il valore del nemico».
I ricordi più belli a Siena e Milano?
«Lo scudetto con la Mens Sana da capo allenatore arrivato al termine di un percorso trionfale, irripetibile, però non sentito più mio dei 6 precedenti da vice, per la sinergia che c’era. Con l’Olimpia la soddisfazione d’aver riempito il Forum quando al mio arrivo mi avevano parlato della difficoltà di giocare in casa con gli spalti semivuoti. Non solo il tricolore quindi, ma l’aver costruito una squadra che la gente veniva a vedere con piacere».