La Gazzetta dello Sport

EQUILIBRI SALTATI E UN CASO INSIGNE

Lettere alla Gazzetta

- PORTO FRANCO di FRANCO ARTURI email: farturi@gazzetta.it twitter: @arturifra

Ma non eravamo la patria del catenaccio, oggi tradotto in «equilibrio», e dei tatticismi a oltranza? Si vede che abbiamo smarrito la vocazione, visto che il nostro campionato produce goleade e buchi difensivi in serie. Mi spieghi lei: il cambiament­o climatico deprime i difensori? O abbiamo una generazion­e di super attaccanti? E i nostri allenatori che ruolo recitano? Giustino Melissa

Difficile darle una risposta univoca: le concause possono essere tante e il periodo di osservazio­ne, sette giornate, è statistica­mente ancora poco significat­ivo. Una cosa è certa: il proliferar­e delle difese a 5, come si vede, non serve a «coprirsi», ma sta producendo un paradossal­e effetto opposto. Che ha un senso, perché questo tipo di schieramen­to tende molto a schiacciar­si in area, lavora poco con i centrali in fase di possesso, non «spinge» i centrocamp­isti ad alzare la linea e a pressare. È il difetto del Milan, per esempio, riemerso in pieno contro la Roma, in una partita nella quale, a mio avviso, i rossoneri hanno fatto ben pochi passi avanti, nonostante la generosa e comprensib­ile narrazione di Montella. Forse le nostre squadre stanno anche imparando a «giocare per giocare», come accade da secoli all’estero, invece di fermarsi a partita apparentem­ente chiusa: l’inedito pieno impegno nell’Europa League, una volta apertament­e snobbata, ne è una piccola conferma. La vena felice di molti attaccanti, sia italiani che stranieri, può essere di certo un’altro motivo di questa prolificit­à, che considero al momento un valore aggiunto del nostro torneo, almeno per lo spettacolo: si dorme poco in tribuna o sul divano. Spero che, per ovviare, ai troppi gol presi non ci inventiamo la difesa a sei... Mi piacerebbe tornare su Insigne: ho ancora negli occhi e nelle orecchie le critiche, anche sferzanti, piovute sul giocatore in Nazionale contro Spagna e Israele. Sembrava la delusione del secolo. Poi il ragazzo torna nel Napoli e la delusione ce l’hanno i suoi critici: da buono a ottimo. Potrebbe farci una riflession­e Ventura? E con lui i catastrofi­sti? Giuseppe Esposito

La mia porta su questo argomento è già apertissim­a. Considero Lorenzo il miglior giocatore italiano del momento. Certamente quello che dispone di tecnica creativa da grande esterno. Ora mi sembra anche il più continuo. E non ne siamo convinti soltanto noi due, signor Esposito. Mettiamo in sequenza i suoi voti-Gazzetta nelle partite di campionato: 7.5, 6.5, 7, 7.5, 6.5, 7 e 7. Dopo il secondo voto si inseriscon­o i due con la Nazionale: 4.5 e 5. Ecco le sue pagelle in preliminar­i e Champions: 7, 7.5, 7 e 5. Dunque prima e dopo la Nazionale, Insigne ha mantenuto un livello di efficienza ottimale. E non ditemi che con Sarri non deve coprire la fascia, perché sorrido: significa vedere molto distrattam­ente le partite del Napoli. Non vorrei che su questo ragazzo si cucisse un abito alla Messi, il fenomeno che, secondo alcuni, cessa di essere tale quando gioca nell’Argentina. Del resto è un vizietto italiano quello di svilire alcuni grandi interpreti in versione nazionale: Rivera, star assoluta, è il capostipit­e del genere. Nel basket, l’allenatore che tende a fidarsi dell’estro individual­e dei giocatori viene denominato «player’s coach» e il neo c.t. azzurro Meo Sacchetti, nel confermare questa sua caratteris­tica, aggiungeva in una recente intervista televisiva: «Non ho mai visto un allenatore segnare un canestro o rubare una palla». Poniamo pure che nel calcio sia quasi tutto diverso, ma continuo a pensare che si debba mettere a proprio agio i giocatori, soprattutt­o quelli che fanno la differenza, piuttosto che tentare di reinventar­li o chieder loro salti mortali tattici.

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