EQUILIBRI SALTATI E UN CASO INSIGNE
Lettere alla Gazzetta
Ma non eravamo la patria del catenaccio, oggi tradotto in «equilibrio», e dei tatticismi a oltranza? Si vede che abbiamo smarrito la vocazione, visto che il nostro campionato produce goleade e buchi difensivi in serie. Mi spieghi lei: il cambiamento climatico deprime i difensori? O abbiamo una generazione di super attaccanti? E i nostri allenatori che ruolo recitano? Giustino Melissa
Difficile darle una risposta univoca: le concause possono essere tante e il periodo di osservazione, sette giornate, è statisticamente ancora poco significativo. Una cosa è certa: il proliferare delle difese a 5, come si vede, non serve a «coprirsi», ma sta producendo un paradossale effetto opposto. Che ha un senso, perché questo tipo di schieramento tende molto a schiacciarsi in area, lavora poco con i centrali in fase di possesso, non «spinge» i centrocampisti ad alzare la linea e a pressare. È il difetto del Milan, per esempio, riemerso in pieno contro la Roma, in una partita nella quale, a mio avviso, i rossoneri hanno fatto ben pochi passi avanti, nonostante la generosa e comprensibile narrazione di Montella. Forse le nostre squadre stanno anche imparando a «giocare per giocare», come accade da secoli all’estero, invece di fermarsi a partita apparentemente chiusa: l’inedito pieno impegno nell’Europa League, una volta apertamente snobbata, ne è una piccola conferma. La vena felice di molti attaccanti, sia italiani che stranieri, può essere di certo un’altro motivo di questa prolificità, che considero al momento un valore aggiunto del nostro torneo, almeno per lo spettacolo: si dorme poco in tribuna o sul divano. Spero che, per ovviare, ai troppi gol presi non ci inventiamo la difesa a sei... Mi piacerebbe tornare su Insigne: ho ancora negli occhi e nelle orecchie le critiche, anche sferzanti, piovute sul giocatore in Nazionale contro Spagna e Israele. Sembrava la delusione del secolo. Poi il ragazzo torna nel Napoli e la delusione ce l’hanno i suoi critici: da buono a ottimo. Potrebbe farci una riflessione Ventura? E con lui i catastrofisti? Giuseppe Esposito
La mia porta su questo argomento è già apertissima. Considero Lorenzo il miglior giocatore italiano del momento. Certamente quello che dispone di tecnica creativa da grande esterno. Ora mi sembra anche il più continuo. E non ne siamo convinti soltanto noi due, signor Esposito. Mettiamo in sequenza i suoi voti-Gazzetta nelle partite di campionato: 7.5, 6.5, 7, 7.5, 6.5, 7 e 7. Dopo il secondo voto si inseriscono i due con la Nazionale: 4.5 e 5. Ecco le sue pagelle in preliminari e Champions: 7, 7.5, 7 e 5. Dunque prima e dopo la Nazionale, Insigne ha mantenuto un livello di efficienza ottimale. E non ditemi che con Sarri non deve coprire la fascia, perché sorrido: significa vedere molto distrattamente le partite del Napoli. Non vorrei che su questo ragazzo si cucisse un abito alla Messi, il fenomeno che, secondo alcuni, cessa di essere tale quando gioca nell’Argentina. Del resto è un vizietto italiano quello di svilire alcuni grandi interpreti in versione nazionale: Rivera, star assoluta, è il capostipite del genere. Nel basket, l’allenatore che tende a fidarsi dell’estro individuale dei giocatori viene denominato «player’s coach» e il neo c.t. azzurro Meo Sacchetti, nel confermare questa sua caratteristica, aggiungeva in una recente intervista televisiva: «Non ho mai visto un allenatore segnare un canestro o rubare una palla». Poniamo pure che nel calcio sia quasi tutto diverso, ma continuo a pensare che si debba mettere a proprio agio i giocatori, soprattutto quelli che fanno la differenza, piuttosto che tentare di reinventarli o chieder loro salti mortali tattici.