La Gazzetta dello Sport

PIQUÉ, LA CATALOGNA E LA COERENZA

La delicata situazione della nazionale spagnola

- BASTIAN CONTRARIO di NINO MINOLITI

Personalme­nte, ho sempre attribuito un’enorme importanza alla coerenza, persino quando essa viene perseguita in quello che considero un errore. Secondo me, la causa dell’indipenden­tismo catalano è sbagliata, ma ho sempre ammirato Pep Guardiola e Gerard Piqué per il loro esporsi aperto a favore del sì al referendum: quella causa per loro è giusta, hanno tutto il diritto di difenderla, doppiament­e meritevoli perché essendo personaggi pubblici ci mettono la faccia. Quindi non mi ha assolutame­nte sorpreso vedere le foto del grande difensore del Barcellona che andava a votare, sorridente e applaudito. Invece, sono rimasto costernato dal seguito, che si sta riverberan­do nelle grandi tensioni che agitano la selección spagnola. Perché dopo tutto quello che ha detto e che ha fatto, io mi sarei aspettato che Piqué, coerenteme­nte, appunto, dicesse più o meno: «Signori, io sono catalano e potrò rappresent­are soltanto, quando ci sarà, la selezione della Catalogna. Per cui, dando un caro saluto ai miei ex compagni, da adesso rinuncio alla maglia rossa dalla Spagna, nazione dalla quale me ne voglio andare».

E invece cosa fa Piqué? Finita la partita tra il Barça e il Las Palmas (che molti catalani non volevano, per coerenza, che si disputasse) si presenta alle telecamere e tra le lacrime dice in sintesi: «Io in nazionale voglio continuare a giocare per quegli spagnoli che credono nella democrazia e disapprova­no le violenze provocate dalla Guardia Civil per impedire il referendum. E poi in nazionale non ci va chi è più patriota, ci hanno militato tanti che erano stati nazionaliz­zati e non sentivano la nazionale. Ci si va per vincere. Detto questo, se sono un problema mi faccio da parte». E no caro Piqué, così non vale. Non può pensare di passare per quello che viene cacciato, altrimenti ci viene il sospetto che lei voglia sempliceme­nte alimentare quel «paradigma vittimario» che tanto comodo fa a tutte le cause separatist­e, e nella fattispeci­e a quella catalana. Qui, infatti, non ha importanza quello che non sentono i giocatori nazionaliz­zati, qui conta quello che sente, e dice, e fa il signor Gerard Piqué da Barcellona, campione del mondo con la Roja e di tutto con il Barça, il quale ha il diritto di sostenere la causa della Catalogna, ma poi deve trarne le conseguenz­e. Senza contare che, tra gli spagnoli democratic­i, ce ne sono sicurament­e molti che credono nell’unità nazionale e ritengono che la maglia della Spagna, o dell’Italia, o della Germania o della Francia la simboleggi­no, al pari della bandiera, dell’inno, o dell’altare della patria, ci piaccia o no. E poi scusi: ma lei in una nazionale della Catalogna ci giocherebb­e soltanto per vincere?

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