I GUAI SONO FIGLI DELL’AZZARDO MA ERA GIUSTO PROVARCI
Hamilton sul podio ha indicato «quattro» con la mano, come dire che il quarto titolo è vicino. Ma è il 3 che conta di più. Perché è stato al terzo giro della Malesia che Lewis ha concesso a Verstappen lo spazio per andare in fuga, così come ieri, a 3 giri dalla fine, quando Max gli si è avvicinato, la sua reazione è stata perentoria e l’olandese ha dovuto desistere. Dimostrazione di come Hamilton sia assurto ad arbitro dei propri destini. In Malesia gli bastavano i punti, in Giappone ha preteso di più per chiudere in anticipo la scalata all’iride. Un Hamilton calcolatore (chi l’avrebbe detto?) che ha vinto 5 delle ultime 7 gare, ottenendo 5 pole: c’è da aggiungere altro? No.
Hamilton ha avuto due grandi alleati nella rimonta: Vettel e la Ferrari. Seb ha commesso errori che non doveva, la Ferrari ha aggiunto del suo con una affidabilità che è venuta meno nelle gare decisive, quelle che le erano più favorevoli e di conseguenza si presentavano più ostiche per la marca tedesca. Quanto è accaduto a Sepang e a Suzuka alle rosse è la conseguenza di una ricerca delle prestazioni che si è rivelata fallimentare. Si potrà obbiettare che la colpa è dei soliti fornitori esterni, ma qualcosa la Ferrari ha pur fatto per migliorare le performance e non ha funzionato. Era giusto provarci, senza azzardi non si vince. La speranza è che ora Marchionne e Arrivabene non procedano a epurazioni d’altri tempi. Si vince e si cresce attraverso gli errori. E’ dalle sofferenze che nasce una squadra vincente: il «dream team» di Todt e Schumi impiegò 5 anni per arrivare. Questa Ferrari ha costruito molto per il futuro. Farsi prendere dall’isteria instaurerebbe un clima di terrore all’interno e sarebbe un altro, inaccettabile, autogol.