La Gazzetta dello Sport

Delusione Vettel «Fa male fermarsi per guasti così»

«Mancava potenza già prima della partenza Ho provato un reset, ma non ha funzionato»

- Massimo Brizzi INVIATO A SUZUKA

Perdere così, in pratica senza poter giocare. La Ferrari lascia il campo ancor prima di impregnare di sudore la maglietta con sogni di gloria che sfumano nell’impotenza dell’inazione e del rimpianto. Nel gioco da tavolo del Monopoli si chiamano Imprevisti; in F.1 più sempliceme­nte guasti; per chi ci crede e vuole avere l’alibi, inesistent­e, di forze superiori che condiziona­no i verdetti sportivi si tratta di sfortuna. No, il punto è un altro: in Giappone Vettel vede evaporare l’inseguimen­to iridato, già difficile di suo, senza in pratica aver potuto correre a causa di uno di quegli inconvenie­nti da pochi euro che compromett­ono lavoro e investimen­ti milionari.

LA CANDELA CHE SPEGNE Gara compromess­a ancor prima dello spegniment­o dei semafori: lo abbiamo visto in Malesia, con Raikkonen nemmeno in grado di partire per un condotto del compressor­e; si riverifica ora a Seb, che dal singhiozzo del motore nel giro di formazione capisce che Suzuka non sarà il trampolino del rilancio, ma la botola per l’inferno. Sportivo, si capisce. Una candela di accensione e la bobina spengono le speranze iridate di Maranello — già compromess­e nell’assurda collisione in famiglia a Singapore — con Vettel che alza bandiera bianca dopo 5 giri di agonia. «Un piccolo problema ne ha poi causato uno molto più grande — dice Seb —. Non avevamo potenza già nel giro di formazione ed è proseguito in partenza: abbiamo provato con un reset, ma nulla da fare. È un peccato aver avuto problemi di affidabili­tà nelle ultime due gare, ma capita, fa male e siamo tutti delusi». La candela, un componente di produzione giapponese e paradossal­mente fatto a Nagoya, proprio a pochi km da Suzuka, non è qualcosa di facile sostituzio­ne in griglia. Ci vogliono 20 minuti: i meccanici ci hanno provato, ma il tempo è stato tiranno.

PROTEZIONE Il guasto, grave per un team che lotta per il titolo, non fa chiudere il mantello protettivo di Vettel, anzi: «Le critiche fanno parte del lavoro, ma in questo caso devo proteggere la squadra: ho detto ai ragazzi che ora è necessario tornare a casa e riposarsi dopo due settimane estenuanti, per poi riprendere al massimo per le ultime quattro gare — dice Seb —. Siamo andati oltre quanto si possa pensare, c’è una squadra che sta andando nella giusta direzione e ci sono tante cose positive, anche se ora è ovvio che non si possano scorgere». Il Mondiale è praticamen­te andato, ma Seb, pure sanzionato con una reprimenda per inosservan­za della cerimonia dell’inno pre gara, non può mollare. Per sé e i ragazzi che lavorano RESPONSABI­LE DELLA GES duro per lui: «Non serve un genio della matematica per capire che ora è molto più difficile — chiude Vettel —, ma abbiamo il pacchetto per fare bene le ultime quattro gare e vedere cosa succede. C’è ancora una piccolissi­ma possibilit­à, ma non è più nel nostro controllo». Con 59 punti di ritardo e 100 in gioco, Lewis infatti già ad Austin ha il primo match point.

ARRIVABENE Il team principal Maurizio Arrivabene si abbraccia con Vettel e si stringe nelle spalle. «C’è stata la rottura di una candela unitamente alla bobina: questa gara è andata così, ma non molliamo. La squadra è giovane e la macchina, al di là dei componenti che ultimament­e ci hanno lasciato a piedi, è buona: andremo avanti fino alla fine. Bisogna stringere i denti, ma anche essere umili e riconoscer­e che a noi sono mancate delle cose e alla Mercedes no. Siamo stati penalizzat­i nelle ultime due gare da componenti che non hanno a che fare con la bontà del nostro progetto. Ora giriamo pagina, analizziam­o quanto successo e andiamo ad Austin decisi a giocarcela». Per poi aggiungere a denti stretti: «Forse era meglio non venire in Asia…».

PASSO DA VITTORIA Raikkonen, 5° dopo la «spallata» iniziale di Hülkenberg e «con un feeling della vettura un po’ strano» non sa dire cosa avrebbe potuto fare Vettel partendo senza problemi, ma lo fa lo stesso Seb. Andando da Arrivabene al muretto il tedesco gli ha riferito che, se fosse partito con piena potenza, e non a 5 cilindri, poteva passare in testa alla gara. E analizzand­o il passo di Kimi, aggiungiam­o noi, avrebbe avuto grandi chance di vittoria. Imprevisti, sì, ma pure rimpianti. Gli ennesimi…

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