La Gazzetta dello Sport

Una candela da pochi euro tradisce Seb Ciao Mondiale

Decima vittoria della stagione per Hamilton che vola a +58. La delusione di Vettel: «Fa male fermarsi così»

- ALLIEVI, BRIZZI, FILISETTI, PERNA

Gli occhi attoniti di Sebastian Vettel sotto il casco. L’immagine di un Mondiale che tramonta a Oriente. Nella gara «dentro o fuori» di Suzuka, dove il tedesco doveva battere Lewis Hamilton per tenere aperto il campionato, la Ferrari si ritira dopo quattro giri, tradita dalla rottura di una candela del motore che ha cominciato a dare problemi già prima del via. Un particolar­e da pochi euro che vanifica gli investimen­ti milionari e gli sforzi di un’intera stagione. L’abbraccio al muretto fra Seb e il team principal Maurizio Arrivabene, che cerca di consolarlo in modo quasi paterno, la stretta di mano con l’ingegnere di pista Riccardo Adami e poi il saluto alle migliaia di tifosi giapponesi vestiti con i colori del Cavallino, sembrano quasi un congedo da quest’annata insieme dolce e amara. MATCH POINT «La Ferrari lotterà sino all’ultimo giro dell’ultima gara. Noi non molliamo e neppure Sebastian», ripete Arrivabene. Ma le speranze di titolo, dopo l’ennesimo trionfo di Hamilton, l’ottavo della stagione per l’inglese della Mercedes, sono ridotte quasi a zero. A Lewis, che dopo l’arrivo si è inginocchi­ato accanto alla sua macchina quasi commosso, ora bastano 16 punti più di Vettel nel prossimo GP per laurearsi aritmetica­mente campione del mondo ed eguagliare i quattro titoli iridati del pilota che ha dominato una generazion­e, insieme con lui e con Alonso. Il primo match point lo avrà fra due settimane ad Austin. Ma, anche senza vincere più, potrà marcare la Ferrari nelle ultime quattro gare accontenta­ndosi dei piazzament­i. Niente di immeritato, visto che quest’anno Hamilton ha demolito il record totale di pole position di Michael Schumacher (è a quota 71) e capitalizz­ato ogni occasione gli abbia concesso la sua vettura, senza i blackout vissuti nel 2016 contro Rosberg.

MALEDIZION­E Per Vettel e la Ferrari solo rimpianti. Ancora una volta Suzuka è stata maledetta, come per Prost nel 1990 contro Senna e per Schumi nel 1998 contro Hakkinen e nel 2006 contro Alonso. Non ha portato fortuna il fatto che si corresse lo stesso giorno (8 ottobre) in cui Michael aveva conquistat­o il primo titolo con la rossa nel 2000, interrompe­ndo un digiuno di 21 anni. In tre gare, da Singapore al Giappone passando per la Malesia, la scuderia di Maranello ha bruciato tre possibili vittorie e tutto quello di buono che aveva costruito nelle precedenti tredici. Rendendo vano anche il grande lavoro di sviluppo in fabbrica che ha portato la macchina a crescere durante la stagione come non si vedeva da un decennio. Invece i guai di affidabili­tà sono piovuti tutti insieme. Prima il condotto del compressor­e che ha ceduto a Sepang su entrambe le vetture, costringen­do Vettel a partire dal fondo e Raikkonen a non prendere il via. E poi la candela fatale a Suzuka. Guasti imprevedib­ili e banali. La Ferrari esclude che possano essere legati alla necessità di spremere la nuova power unit evoluzione.

COLPE Ieri Arrivabene è tornato a puntare l’indice contro i fornitori esterni di Maranello, come aveva fatto in precedenza il presidente Sergio Marchionne, e il direttore tecnico Mattia Binotto sarà chiamato a rafforzare il controllo qualità all’interno della Gestione sportiva. Ma è troppo tardi. La grande occasione mondiale è sfumata. Privando Vettel del duello tanto

atteso con Hamilton e ridimensio­nando anche il peso dei suoi errori: quello di Baku, quando perse la testa dando una ruotata a Lewis dietro alla safety car, e l’altro al via di Singapore nello scontro con il compagno di squadra e con Verstappen. Alla fine, se la Ferrari perderà non sarà solo colpa di Seb. Il quale ieri, con il tempo di reazione che ha avuto al via, avrebbe potuto passare Hamilton alla prima curva e vincere, ma da uomo squadra non ha gettato la croce sul team.

IN SCIOLTEZZA Per la Mercedes, è stato il decimo successo dell’anno, agevolato dall’uscita di scena della rossa. Ma la scioltezza con cui Hamilton ha gestito gomme e meccanica, tenendo sempre a distanza di pochi secondi un super aggressivo Max Verstappen con la Red Bull, fa pensare che la Freccia d’argento avesse un grande potenziale. Già espresso in qualifica da Lewis, che aveva polverizza­to il record del circuito, ottenendo la prima pole a Suzuka, unica pista su cui finora non c’era riuscito. La complicata W08, nonostante i 40 gradi dell’asfalto, ha superato l’esame. Segno che forse gli ingegneri diretti dall’ex ferrarista James Allison hanno finalmente trovato la ricetta ai mali oscuri della loro creatura. Le prossime piste, anche per questioni climatiche, aiutano la Mercedes. Toccherà a Vettel e alla Ferrari inventarsi qualcosa per rendere meno monotoni i 4 GP che mancano. Seb deve vincere sempre e sperare in un ritiro di Hamilton, che però può perfino permetters­i di montare una quinta power unit (con relative penalità) senza perdere troppo dei 59 punti di vantaggio in classifica. Per Lewis la strada è davvero in discesa.

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