Sfumature di Neri «Se canto i Beatles non faccio sul serio»
Guida di “Celebration” su Rai 1: «Artisti italiani e hit straniere, ma anch’io mi metterò alla prova»
Dategli un microfono, una hit dei Beatles, magari una chitarra e aggiungete una platea come quella di Rai Uno. Per un tipo versatile come Neri Marcorè, mettersi nei panni del conduttore e prendersi in carico (pur dividendo la responsabilità con la collega Serena Rossi) quattro serate musicali su Rai 1, non è solo una sfida avvincente. «Che di certo qualche timore lo dà», confessa al telefono l’artista marchigiano, lasciando trasparire una certa dose di modestia. Celebration, che parte sabato, vuol dire soprattutto per l’attore di Porto Sant’Elpidio poter mettersi alla prova con la musica, una delle principali passioni di sempre (senza contare l’amore sconfinato per la Juve e il suo Ascoli). «La “responsabile” principale è mia madre. Quando ero piccolo lei lavorava a casa, faceva le tomaie delle scarpe e teneva la radio o il mangiadischi sempre accesi. Poi, crescendo, ecco l’interesse per i cantautori, la chitarra. E, nonostante il mio lavoro non sia strettamente musicale, nel mio percorso artistico ho sempre cercato di portare le canzoni, in qualche modo».
A “Celebration” ci saranno artisti italiani che canteranno grandi successi internazionali.
«Sì, ma daremo spazio anche a gag, sketch e mi ritaglierò delle parentesi musicali dove riuscirò a cantare, senza prendermi troppo sul serio...».
La parola audience, soprattutto se in ballo c’è il sabato sera, crea ansia?
«Certo, il peso lo sento. Ma oggigiorno vieni attaccato per qualsiasi cosa. Quindi me ne vorrei anche un po’ fregare. Cercherò di incontrare i gusti del pubblico senza snaturarmi, facendo le cose con autoironia».
Dopo la Mannoia, la Rai torna con formula dello show musicale in prima serata: c’è bisogno di leggerezza?
«C’è una tradizione delle canzoni che fa parte della nostra storia, è bello divertirsi attraverso questo linguaggio, cercando anche di fare qualcosa di nuovo. Magari puntando su facce non scontate, come la mia e quella di Serena».
O come quella di Baglioni a Sanremo?
«Gli auguro tutto il meglio. Ma anche questa scelta dimostra che la rete vuole sperimentare e non fare scelte cristallizzate».
Come la mettiamo con la crisi della satira in televisione, i politici non danno più spunti?
«Le imitazioni non fanno più parte del mio percorso, però da osservatore mi viene da dire che siamo lontani, per esempio, dai tempi dei programmi della Dandini: in quel momento lì la satira politica era una cosa diversa. Certo è che il panorama italiano oggi è meno stimolante: più il potere è autorevole, del resto, più la satira ha efficacia. Più è scombiccherato, meno la satira può aderire. Poi è anche difficile prendere spunti da qualcuno che già fa della battuta un valore. I politici oggi tendono involontariamente a fare satira loro stessi. E poi, dopo aver assistito a tante stagioni politiche, sarebbe bello che le cose cominciassero ad andare per il verso giusto: chessò, una legge approvata in tempi brevi. Ma assistere a continui naufragi conduce più allo scoramento che alla voglia di ridere». ATTORE