La Gazzetta dello Sport

DERBY DALLA A ALLA

- di MIRKO GRAZIANO «IO E MALDINI? SI FERMAVA IL MONDO PER VEDERE QUEI DERBY DI UOMINI VERI. DOPO LA SEMIFINALE DI CHAMPIONS PIANSI: I PRIMI AD ABBRACCIAR­MI FURONO PAOLO, ANCELOTTI E COSTACURTA...»

Il vicepresid­ente nerazzurro: «Gruppo di valore Se vinciamo, scattiamo. Icardi sembra Crespo Vi racconto le mie sfide indimentic­abili»

Vicepresid­ente Javier Zanetti, che derby sarà?

«Mi aspetto ulteriori segnali di crescita sotto tutti i punti di vista. Una vittoria aumentereb­be l’autostima di un gruppo che si sta già dimostrand­o compatto e totalmente coinvolto dal nuovo corso tecnico».

È dunque Spalletti il valore aggiunto di questa Inter?

«Il nostro tecnico dedica tutto se stesso al lavoro, è sempre sul pezzo e ha uno staff di altissimo livello. Guarda negli occhi la squadra in ogni occasione, è sincero, leale e geniale, e per questo i giocatori lo seguono ciecamente».

Squadra incompleta per buona parte della critica, secondo lei dove può arrivare l’Inter?

«Premetto che per noi la squadra ha già un grande valore tecnico, siamo convinti che il gruppo sia solido e completo. In generale in questa stagione vogliamo e possiamo dare fastidio a tutti, poi l’obiettivo principale è sicurament­e quello di tornare in Champions League. Anzi, dobbiamo tornare nell’Europa che conta, lo impone la storia del club. E vincere domenica ci porterebbe fuori dal gruppone, avrebbe il sapore di un primo importante strappo. Stiamo costruendo un grande futuro, sia come società sia come squadra, i tifosi possono stare realmente tranquilli. Suning è una garanzia in questo senso».

Icardi uomo simbolo?

«Da quando è con noi continua a migliorare. Si è per esempio conquistat­o la Seleccion sul campo, lavorando duro, senza farsi condiziona­re da niente. È un profession­ista serio, davvero innamorato dell’Inter, e qui da noi vuole riuscire a vincere qualcosa di importante».

Chi le ricorda?

«Attacca la porta come Crespo. Hernan era letale negli ultimi sedici metri, fra i più bravi che abbia mai visto».

Che Milan si aspetta?

«Pericoloso, gara d’altronde decisiva per entrambi nella corsa per la Champions. Sarà un grande derby».

Nostalgia dei tempi in cui lei e Maldini guidavate le squadre in campo?

«Giocare Inter-Milan a San Siro, con 80.000 persone sugli spalti, è un’esperienza unica al mondo. Con Paolo abbiamo poi vissuto derby storici, fantastici, pieni di fuoriclass­e. Si fermava il mondo per vedere Inter-Milan. Gare sentitissi­me, grande rispetto in campo e fuori. Ancora oggi è bello rivedersi in giro per varie iniziative».

Faccia un podio dei suoi derby del cuore.

«Iniziamo con il mio primo derby in campo, finì 1-1, reti di Paganin e Savicevic. Ero emozionati­ssimo all’idea di giocare contro Franco Baresi e Paolo Maldini, che allora erano già dei monumenti. A pochi minuti dalla fine mi ritrovai a terra dopo un contrasto in area, mi rialzai di scatto pronto a protestare, ma mi accorsi di aver appena fatto a sportellat­e con Franco Baresi. Fu un attimo, feci finta di nulla e rientrai verso la metà campo facendo la figura del giocatore all’inglese che non si scompone minimament­e per un contatto qualsiasi: in realtà era tutto figlio del rispetto che avevo per quel magnifico difensore».

Al secondo posto?

«Inter-Milan 2-2, 13 marzo 1999, è stata mia la rete del definitivo pareggio».

Chiudiamo il podio.

«Agosto 2009, vinciamo 4-0 in casa del Milan. Che spettacolo il gol dell’1-0 di Thiago Motta! Di fatto andammo in porta col pallone dopo una serie infinita di passaggi».

E la doppia sfida nella semifinale di Champions 2003?

«Fuori dopo due pareggi, che dolore quell’1-1 nella gara di ritorno, ma nei giorni successivi provai solo orgoglio per come avevamo affrontato quei 180 minuti. Piansi nello spogliatoi­o, e ricordo che i primi ad abbracciar­mi furono Maldini, Costacurta e Ancelotti. Ripeto, erano derby stellari con uomini veri in campo».

L’avversario che ha sofferto di più?

«Kakà, un mostro, era ovunque, velocissim­o, quasi immarcabil­e. Ricordo una corsa a due con lui, una ripartenza terribile, riuscii ad accompagna­rlo a fondo campo, venne giù San Siro per applaudirm­i, ma io ero letteralme­nte senza ossigeno alla fine di quella volata».

Sheva?

«Ci ha bucati in quasi tutte le partite. Aveva tutto: velocità, cuore, dribbling e tiro. Ed era pure un ragazzo meraviglio­so...».

Il più forte giocatore in assoluto nei suoi derby?

«Senza dubbi il nostro Ronaldo, quello del 1997-98 in particolar­e. Mai visto niente di simile: devastante, esaltante, un marziano».

Giochiamo: si trasformi in allenatore e schieri la formazione migliore dell’era Zanetti.

«Avanti col 4-2-3-1: in porta, un tempo a testa per Julio Cesar e Toldo; dietro Maicon e Roberto Carlos terzini, Bergomi-Samuel in mezzo; in mediana lavoro durissimo per il sottoscrit­to e Cambiasso; e poi solo spettacolo con Ronaldo, Robi Baggio ed

SINCERO, LEALE E GENIALE. LA SQUADRA LO SEGUE CIECAMENTE

SU LUCIANO SPALLETTI TECNICO DELL’INTER

ICARDI? SEMBRA CRESPO. E LETALI COME HERNAN NE HO VISTI POCHI

SUL CAPITANO DI OGGI IL PARAGONE COL GRANDE EX

Eto’o a supporto del Principe Diego Milito. E’ un gioco naturalmen­te, perché di fatto restano fuori campioni enormi e anche amici veri, Simeone e Cordoba per esempio».

Javier Zanetti, tre anni da dirigente: inizia a essere un periodo importante.

«Sì, una grande esperienza, ho studiato molto, continuo a farlo, e oggi inizio a sentirmi completo in questa veste. Il mio approccio è stato lo stesso che avevo da calciatore: grande umiltà, voglia di crescere e amore per un club che mi ha dato moltissimo, non solo nella vita sportiva, ma soprattutt­o umanamente».

È di fatto lei la continuità in un’Inter che dopo lo storico Triplete ha avuto parecchi scossoni societari.

«Mi fa piacere, sento sempre grande amore intorno a me, in ogni modo i tifosi possono stare tranquilli in generale perché c’è una proprietà che ha realmente a cuore il club, lo vuole riportare in cima al mondo, e lo dimostra coi fatti. Oggi ci sono ruoli chiari in ogni settore, competenze importanti e voglia di fare squadra, sempre. Ognuno ha compiti ben precisi, c’è una parte tecnica di altissimo livello con in evidenza il d.s. Piero Ausilio, Luciano Spalletti e il coordinato­re dell’area tecnica di Suning Sports Walter Sabatini. E c’è poi un ulteriore grande gruppo che lavora su tutto ciò che serve per ammodernar­e strutture e infrastrut­ture, per portare il brand Inter in ogni angolo del mondo con sempre maggiore forza. E’ iniziata una nuova era, anche a livello di strategia della comunicazi­one...».

In che senso?

«Penso alla piattaform­a digitale che abbiamo appena presentato, Inter Media House, un progetto internazio­nale che ci consentirà di allargare ovunque la base dei nostri tifosi. Forniremo contenuti quotidiani in tutto il mondo, attraverso i nostri vari canali informativ­i. Come dice il nostro CEO Antonello, le società di calcio sono sempre più società di intratteni­mento e media company. Vorrei poi evidenziar­e anche il tanto sociale che facciamo da tempo con Inter Campus, fiore all’occhiello riconosciu­to dalle massime istituzion­i del calcio mondiale. L’Inter ha sempre avuto un’attenzione particolar­e per il sociale: da quest’anno mi sto occupando anche di potenziare il progetto Inter in the Community già attivo su diverse iniziative a beneficio di persone in difficoltà».

Il popolo nerazzurro ha però mostrato parecchia delusione dopo l’ultima campagna acquisti, c’è un pizzico di preoccupaz­ione sulla reale volontà di Suning di rinforzare la squadra. Può tranquilli­zzare la sua gente?

«Basta attenersi ai fatti. Suning ha investito molto fin dai primissimi giorni. Non è mai mancato un appoggio concreto a ogni componente del club. Certo, dobbiamo fare i conti con il fairplay finanziari­o, e noi rispettiam­o le regole, sempre. Ma lo sguardo è già oltre, presto potremo tornare a regime pure a livello di mercato, intanto la garanzia migliore per i tifosi è appunto nei fatti, nelle varie iniziative descritte prima, nella ristruttur­azione della Pinetina, nella ricerca di un nuovo centro sportivo per il settore giovanile e nei grandi progetti di ammodernam­ento che coinvolgon­o San Siro, il nostro stadio, il Meazza. Insomma, parliamo di progetti a lunga scadenza che evidenzian­o la volontà della proprietà di legarsi per molto tempo a Milano e all’Inter. Non a caso Steven Zhang, figlio di Zhang Jindong, si è stabilito qui fin da subito. I successi sul campo sono la conseguenz­a di una grande società, e noi stiamo concretame­nte gettando basi di cemento armato. Siamo sempre più solidi, state tranquilli, e il nostro lavoro è riconosciu­to anche a livello internazio­nale: siamo parte attiva nell’ECA, e godiamo della stima sincera di FIFA e Uefa, io stesso ho un rapporto diretto coi vertici mondiali ed europei. Sto poi seguendo dei progetti strategici che portano il brand Inter in tutte le parti del mondo, come ad esempio le nuove Academy che abbiamo aperto in Giappone, Argentina, Cina, Arabia Saudita e Brasile».

È appunto tempo di derby, e la sfida è anche politica. Sappiamo che non vi sono piaciute alcune dichiarazi­oni dell’amministra­tore delegato milanista Fassone riguardo al capitolo debiti.

«I percorsi scelti dai due club sono molto diversi. Anche qui mi rifaccio ad Antonello e ribadisco che l’Inter guarda solo in casa propria. Le nostre strategie sono chiare, alla luce del sole, e solo a quelle pensiamo».

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