ORA SERVE UNA SQUADRA
La Nazionale di Ventura va agli spareggi da testa di serie, come era sperabile o prevedibile. Il risultato è okay, non così il gioco. Il c.t. è un uomo ottimista e fiducioso nelle proprie idee, desidera dare agli azzurri un’immagine più positiva e bella del solito.
La Nazionale di Ventura va agli spareggi da testa di serie, come era sperabile o prevedibile. Il risultato è okay, non così il gioco. Il c.t. è un uomo ottimista e fiducioso nelle proprie idee, desidera dare agli azzurri un’immagine più positiva e bella del solito. Un grande sogno che si può realizzare soltanto se ci sarà il coinvolgimento della squadra, in modo da trasformarlo in una sfida collettiva. In questo caso la fronda dei giocatori leader non è stata un buon segnale. L’intento di Ventura è nobile: giocare un calcio propositivo, di dominio, bello e vincente. Alle molte difficoltà, dai troppi stranieri al poco tempo per allenare, si aggiunge il dubbio che la leadership del tecnico non sia così condivisa dalla squadra. Inoltre, se si cambia spesso il sistema di gioco e si hanno poche sedute a disposizione, non si aiutano i giocatori a ottenere risposte automatiche. L’eccesso di euforia trasmesso prima del match con la Spagna si è poi trasformato in depressione negli incontri contro Israele, Macedonia e Albania.
È pur vero che la Nazionale e in generale le squadre italiane danno il meglio quando giocano a specchio o quando sfidano avversari di grande nome, tirando fuori il massimo delle capacità agonistiche. La storia dice che molte volte gli azzurri hanno deluso quando erano loro a dover comandare il gioco e tantomeno hanno sfoderato un grande spirito collettivo contro rivali non famose. Pertanto è tutto nella norma: siamo il Paese del melodramma, quindi gli attori daranno il meglio nello spareggio. Ma se si vorrà centrare l’obiettivo sarà opportuno essere più critici e autocritici, iniziando a dare un sistema di gioco unico, con maggiore movimento e collaborazione. In Italia, quando le cose non funzionano, ci si asserraglia vicino all’area sperando nei contropiedi. Se Gian Piero desidererà una squadra senza paura, sarà importante che riprenda in mano la leadership morale e tecnica, che scelga i giocatori più idonei per realizzarla e dia loro un’organizzazione chiara e moderna, in cui non possano mancare entusiasmo, umiltà e passione dei singoli.
Abbiamo tanti buoni giocatori, ma a livello individuale ci sono squadre più competitive, quindi è nel collettivo e nel gioco che dobbiamo crescere. Oggi l’Italia è un gruppo con una motivazione normale, con qualità tecniche normali, che non si trasforma in una squadra né per capacità agonistiche né tantomeno per idee. Per definire una vera squadra, compito più difficile con la Nazionale, occorrerà migliorare la connessione attraverso una maggiore compattezza e organicità, in cui le distanze tra i vari giocatori dei reparti siano assai inferiori rispetto alle attuali. In fase di possesso, il non essere a 40 e più metri favorirà i filtranti rasoterra. Tutto ciò agevolerebbe la collaborazione, la velocità, la tecnica con maggiore precisione di passaggi, così come la fantasia e il risparmio energetico.
In fase di non possesso sarà importante il pressing, che condiziona gli avversari anche quando hanno il pallone: permetterebbe di essere corti e stretti, avendo come riferimento primario il pallone e poi il compagno, inoltre consentirebbe le ripartenze corte, una nostra specialità. Per il pressing il riferimento dovrà essere l’avversario con una lotta uno contro uno, non concedendo di aiutare il compagno in difficoltà. Un gruppo allungato e allargato, in un calcio che fa del movimento, dello spazio, dei tempi di gioco, dello smarcamento unitamente al pressing una ragione di vita, oggi non ha chance. Spero che Ventura riesca nell’intento di convincere e divertire. In bocca al lupo.