La Gazzetta dello Sport

I 100 giorni di Eusebio Ora la Roma è tutta sua

Francesco ha tolto gli alibi nel post Spalletti: con la difesa a tre anti Atletico la svolta

- Davide Stoppini ROMA

Sintonizza il canale giusto in 100 giorni, istruzioni per l’uso. Tanti saranno sabato contro il Napoli, riavvolgen­do il nastro all’indietro fino al 7 luglio, la partenza del ritiro. Sufficient­i, questi tre mesi e un pezzetto, a Eusebio Di Francesco per scoprire e capire un mondo Roma che è totalmente diverso da quello che aveva lasciato da giocatore prima e da team manager poi. Ha conquistat­o un gruppo che voleva annusare l’aria, com’era naturale fosse, a maggior ragione se esci da un’avventura totalmente avvolgente qual è stata quella con Luciano Spalletti. Ha imposto con modi gentili la sua metodologi­a di lavoro, usando la via del dialogo e non quella del fisico coinvolgim­ento. E ha colmato – è più giusto dire sta colmando, il processo è ovviamente ancora in corso – alcune lacune tattiche. Il Napoli di sabato vale per Eusebio la più scontata delle prove del nove. Vale il biglietto per salire su un treno per i più inatteso, anche se lui – che pure non s’è mai posto un limite – non lo confermerà mai.

ZERO ALIBI

Magari non confermerà mai neppure di aver voluto strategica­mente togliere qualsiasi tipo di alibi ai calciatori. Lo raccontava­no zemaniano, Di Francesco si comporta come Fabio Capello, l’uomo più filosofica­mente distante dal boemo, il tecnico con cui Eusebio ha vinto lo scudetto da calciatore. In una città che rimugina un minuto sì e l’altro pure su quanto sia difficile lavorare e vincere a Roma – ritornello che ha fatto comodo a molti, non ultimo Spalletti quando c’era da giustifica­re una scelta già presa, l’addio –, DiFra è passato oltre e s’è dichiarato autoimmune, responsabi­le lui in toto dei risultati, senza alibi di vario genere. C’è da dire, per la verità, che anche Spalletti aveva provato a iniziare la sua seconda era romana in questo modo, «costruiamo lo stile Roma» e queste storie qui, salvo poi fare inversione a U. DiFra oggi ha indicato la via e non vuole abbandonar­la. Il messaggio, più che all’esterno, è diretto all’interno dello spogliatoi­o e del centro sportivo tutto: non si cerchino scuse in giro se le cose non dovessero andare bene.

DIALOGO Punto secondo, la conquista dello spogliatoi­o. Di Francesco s’è trovato davanti quella montagna da scalare tipica di un tecnico che arriva da un club di provincia dentro un gruppo di lavoro abituato certo non a vincere, ma a stare ai vertici sì. Qualche crisi di rigetto c’è stata, prove estive allarmanti, la partita con l’Atalanta negativa sul piano della prestazion­e, alcuni big – non solo Nainggolan – che avrebbero dovuto cambiare modo di giocare, alla faccia degli 87 punti dello scorso campionato. Di Francesco ha superato le perplessit­à capendo che le proprie idee andavano adattate alle qualità della rosa. L’allenatore ha ribaltato tutto nel momento più difficile, la difesa a tre contro l’Atletico Madrid: da quel giorno sono seguiti Nainggolan spostato all’occorrenza trequartis­ta, il ruolo di Florenzi, l’apertura – per ora a parole – a un cambio di modulo quando avrà Schick.

DIFESA E poi, l’aspetto tattico. DiFra sta curando l’assetto difensivo molto più di quanto abbia fatto Spalletti nella sua seconda stagione, quando – raccontano a Trigoria – aveva abbassato l’attenzione rispetto ai primi giorni del post Garcia. La sfida più grande col suo specialist­a migliore: sembra un paradosso, ma la crescita di Manolas da giocatore «individual­e» a difensore di squadra è un processo che il tecnico s’è messo in testa di percorrere. Processo che magari porterà – non a caso – pure al rinnovo del contratto del greco. E che ha prodotto 4 partite su 6 in A con la porta inviolata: Spalletti, un anno fa, raggiunse lo stesso numero alla 12a giornata.

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REUTERS Eusebio Di Francesco, 48 anni

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