La Gazzetta dello Sport

«Più brave degli uomini? No, ma più divertenti»

1La partita con Riggs ora è un film, le sfide di Billie Jean continuano: «Le giocatrici si battano per la condizione femminile»

- Francesco Rizzo INVIATO A LONDRA

La vita è una partita a tennis contro l’immagine che gli altri hanno di noi. «Ho giocato centinaia di volte in singolare – spiega Billie Jean King, giacca rosa, grandi occhiali e risata contagiosa – eppure preferivo il doppio, fare parte di una squadra, avere una compagna al fianco. Da ragazza praticavo softball e staffetta e cosa ho imparato? Sei responsabi­le al 100% del risultato ma al tempo stesso, se perdi, non devi dare la colpa agli altri». Poi, però, ci sono momenti in cui o si è soli o non si è. Billie Jean, storica paladina dei diritti delle donne e della comunità Lgbt, per paradosso nota con il cognome dell’ex marito, nel 1973, a 29 anni, aveva già conquistat­o 10 dei suoi 12 titoli del Grande Slam in singolare (39 con doppi e misti) ma accettò e vinse la sfida lanciata da Bobby Riggs, 55enne ex campione a Wimbledon e Parigi, scommettit­ore indebitato e maschilist­a convinto. La chiamarono «La battaglia dei sessi», un match lui contro lei per vedere chi fosse più forte, 30 mila spettatori a Houston, 100 mila dollari sul piatto, audience tv stimata in 90 milioni. Quella notte è diventata un film, La battaglia dei sessi, nelle sale il 19 ottobre, con Emma Stone trasformat­a in Billie Jean dopo ore di studio per imitare la tattica di gioco da utilizzare nell’incontro, pensata per far stancare l’avversario e un diabolico Steve Carell che rende Riggs un clown pieno di ombre, capace di indurre a scommetter­e pure lo psicologo che lo curava dal vizio di scommetter­e.

PERMANENTE «Mi allenai due settimane ma negli stessi giorni partecipav­o a un torneo in città e non stavo bene – racconta la King – anche se molti erano convinti che fosse una scusa per evitare il match. Fu durissima. Piansi, alla fine. Il pregiudizi­o era il mio avversario, non Riggs: da sempre, dopo le partite, sentivo sulla pelle le occhiate sarcastich­e dei giornalist­i. Non ricordo donne che scrivesser­o di tennis. Ma tutt’oggi il 95% dell’informazio­ne è in mano agli uomini». Il film gioca con ironia sui luoghi comuni – secondo molti maschi la donna o è corpo o è madre, in mezzo si fa la permanente – ma per la King il successo di Houston è ancora una rivendicaz­ione. «Nel 1973 avevo contribuit­o a fondare la Women’s Tennis Associatio­n (Wta), per ottenere che ci fosse uniformità nei premi con gli uomini, all’epoca distanti: oggi le giocatrici hanno molto più prestigio, il tennis femminile è cresciuto in tutto, soldi, allenament­i, tecnica, alimentazi­one. Non ho mai detto che noi siamo più brave dei maschi: possiamo essere più divertenti. Ma il punto non erano e non sono il denaro o l’esposizion­e sui media, quanto l’uguaglianz­a di genere e la libertà. Le tenniste devono sfruttare la loro popolarità per migliorare la condizione femminile nei loro Paesi. Sfida mai vinta, perché spesso veniamo educate a inseguire una silenziosa perfezione, non alziamo la voce. L’ambizione, invece, è una bella parola: è un diritto».

COMING OUT Come la parità: per un paradosso fra nababbi, tra 2016 e 2017 l’attrice più pagata al mondo è stata proprio la Stone, 26 milioni di dollari secondo Forbes, 42 in meno del collega più ricco, Mark Wahlberg. Il nodo profondo è tuttavia l’identità: la medaglia d’oro della King è aver dichiarato, nel 1981, la propria omosessual­ità. Viene in mente Johanna Larsson (attualment­e 89 al mondo in singolo e 26 in doppio), la svedese che ha appena raccontato di amare una donna e ha spiegato di aver avuto paura di perdere affetti famigliari e sponsor. «Io, gli sponsor, li persi. E leggo di giocatori o giocatrici che temono di ammettere di essere omosessual­i. Quando feci coming out, impiegai anni a rialzarmi ma solo chi è se stesso respira. Conto sulla generazion­e dei Millennial, che non ha pregiudizi e rinforzerà i diritti civili». O, forse, ci vorrebbe un’altra Billie Jean? «Adoro la pressione: il tennis educa alla resilienza. Sarei più adatta a giocare oggi di allora».

«IN QUELLA PARTITA IL MIO RIVALE ERA IL PREGIUDIZI­O» «IO AMO LA PRESSIONE: SAREI PIU’ FORTE ADESSO DI ALLORA» BILLIE JEAN KING 12 SLAM VINTI IN SINGOLARE

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IL MATCH La sfida tra King e Riggs si giocò a Houston il 20 settembre 1973: vinse la King 6-4 6-3 6-3
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GIOVEDÌ 12 OTTOBRE 2017 1 2 1. Una fase della partita tra Riggs e la King: 30.000 spettatori allo stadio, 90 milioni in television­e 2. Billie Jean King e Bobby Riggs prima del match 3. Emma Stone e Steve Carell in una scena del film AP 3259 LA GAZZETTA DELLO SPORT 3

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