La Gazzetta dello Sport

L’allievo Aleksandar ha fatto bene i compiti «Sinisa era il mio idolo»

Me è stato come un padre. Ci tenevo a fare gol davanti a lui. Ora guai a fermarsi»

- Francesco Bramardo TORINO Andrea Pugliese INVIATO A TORINO LUNEDÌ 23 OTTOBRE 2017

Due punti in 4 partite, e senza vittoria dalla gara con l’Udinese. Crisi non è perdere con la Roma per una punizione, peraltro preannunci­ata, di Kolarov. Se mai è lasciare punti per strada contro Samp, Verona e Crotone. Crisi è perdere Belotti, l’attaccante per il Toro con la A maiuscola, bomber e giocatore di riferiment­o della squadra. Dall’infortunio a gara in corso contro il Verona, il Toro è stato rimontato nel finale di partita dagli scaligeri, ha faticato contro il Crotone, è rimasto senza munizioni contro la Roma. Perché Sadiq non è Belotti; troppo acerbo e poco smaliziato il volenteros­o ventenne in prestito dalla Roma per sostituire il Gallo. «Sadiq si è impegnato – spiega Mihajlovic –. Quando devi prendere un vice Belotti sapendo che il Gallo gioca sempre

Sadiq incolpevol­e. Semmai è sotto accusa chi ha pensato di puntare su di lui come riserva di Belotti, non così Niang, 15 milioni (più bonus) investiti malamente, almeno ad oggi. Poi se il borsino di Niang passerà da Orso a Toro alla Borsa di Milano, allora il presidente Cairo potrà sperare che l’ex giocatore del Milan possa anche diventare una plusvalenz­a. Non oggi, sostituito tra i fischi dopo un’ora ed un quarto di nulla, o poco più. L’investimen­to più oneroso dell’era Cairo non è riuscito a cambiar marcia, a concludere nello specchio della porta, a verticaliz­zare per i compagni. «I soldi spesi per lui non sono buttati ma Niang sa che deve dare di più» il giudizio di Mihajlovic. «Deve crescere lo sa lui, lo sappiamo noi. Conosco le qualità di Niang, bisogna avere pazienza è da due anni che non gioca con continuità. Ricordo i primi tre mesi di Iago Falque lo scorso anno». Sulla partita il tecnico serbo assolve i suoi. «Gara equilibrat­a decisa da un episodio, abbiamo concesso quasi nulla e nel finire del primo tempo abbiamo avuto due occasioni che potevamo sfruttare meglio e giocato alla pari. Non meritavamo di perdere. In tre partite abbiamo preso 3 tiri in porta e 3 gol».

Che poi a vederla bene, forse ha ragione anche Mihajlovic. «Io le punizioni le mettevo sotto l’incrocio, è diverso», ci scherza su a fine partita il tecnico del Torino. E sarà anche vero, resta però il fatto che quel sinistro pennellato da Kolarov ieri non solo ha regalato alla Roma tre punti fondamenta­li nella ricorsa al vertice, ma anche la certezza oramai consolidat­a di avere un’arma in più da sfruttare in ogni momento di difficoltà. Proprio come ieri, quando la Roma non riusciva a sbloccare la partita. O come già successo a Bergamo, contro l’Atalanta, alla prima di campionato. Che poi Aleksandar sia l’uomo dei giochi da fermo è prassi consolidat­a: angoli o punizioni, destra o sinistra che sia, tocca di fatto sempre a lui. Come ieri, come su quella punizione alla Mihajlovic. Una pennellata, appunto, con quella parabola forte e a girare che è valsa tre punti d’oro per la Roma.

PENSANDO A SINISA Che poi quel gol lì per Kolarov è come una piccola favola, non fosse altro per l’amore calcistico che ha sempre avuto per Mihajlovic (che di Kolarov è stato anche c.t. nella Serbia, nonché mentore ai tempi della Lazio). «Sinisa per me è sempre stato come un padre o un fratello, lo conosco da 15 anni – dice il terzino serbo – Tra di noi c’è un ottimo rapporto. Ci tenevo a far gol davanti a lui, che è sempre stato il mio idolo, fin dai tempi della Stella Rossa». Ed allora pazienza se il piede mancino di Mihajlovic calciava ancora meglio; di certo quello di Kolarov sta facendo molto bene. «Sono felice per la vittoria, fondamenta­le per restare attaccati alle ALLENATORE DEL TORINO prime posizioni. Venivamo dalla gara di Londra, che meritavamo di vincere, e un po’ di stanchezza c’era, tanto che non abbiamo giocato benissimo, soffrendo un po’. Guardiamo match dopo match, pensando alle due in casa con Crotone e Bologna. Da vincere».

OCCHI SUL FUTURO Inutile, del resto, chiedergli il segreto di tanta freschezza a quasi 32 anni. Rischieres­te quasi di essere fulminati un po’ come il raccattapa­lle del Chelsea che mercoledì tardava a dargli il pallone. «È solo una questione di testa, poi c’è chi ha più qualità e chi meno. Io cerco solo di stare bene fisicament­e e le partite le preparo tutte allo stesso modo. Do il massimo, sempre. A volte ci riesco, a volte meno». E se la Roma può sognare di recuperare terreno sulle pretendent­i al titolo, è anche merito suo: «Ma è inutile parlare di scudetto dopo sole 9 giornate – chiude il serbo – Arriviamo dove arriviamo, senza illuderci. Di certo la Roma c’era anche prima di questa vittoria e ci sarà tra dieci giornate. Sappiamo di essere forti, ma nel calcio bisogna vincere sempre per dimostrarl­o». Per ora, conti alla mano, almeno due vittorie delle sei sono arrivate grazie a lui. Magari non tirerà bene come Mihajlovic, ma quanto pesano quelle due punizioni lì.

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