L’ORO DI HAMILTON
Una vittoria da Mondiale davanti a Bolt
Sogna di volare sulla Luna a bordo dello Space Shuttle, ma intanto l’astronauta Lewis Hamilton sta volando a tutta velocità verso il quarto titolo Mondiale, grazie anche a un razzo d’argento che si chiama Mercedes. Manca poco, un soffio. Perché, anche se Sebastian Vettel ad Austin ha annullato il primo match point al rivale britannico, acciuffando un sudatissimo secondo posto, la realtà è che Lewis ha vinto l’ennesima sfida contro la Ferrari e adesso ha 66 punti di vantaggio in classifica. In Messico, domenica prossima, potrebbe essere solo una formalità chiudere i conti, archiviando la pratica con due gare d’anticipo. Per Hamilton è sufficiente un quinto posto, anche nel caso vincesse Seb.
FIONDA Eppure Vettel non può avere rimpianti per ieri. Partito come una fionda dalla seconda casella, ha infilato Lewis con una staccata decisa all’interno della prima curva e ha provato la fuga. Doveva vincere. Era necessario per continuare a sperare. E il lampo al via glielo ha fatto credere. Ma poi Hamilton, al 6° giro, l’ha superato come un missile sul rettilineo opposto, proprio nel punto in cui lo aveva giustiziato nel 2012, quando Seb lottava per il Mondiale sulla Red Bull contro la rossa di Fernando Alonso e Lewis guidava ancora la McLaren. E allora si è capito che non ci sarebbe stata storia. Una dimostrazione di forza uomo-macchina ripetuta dopo il primo pit stop, quando Vettel si era rifatto sotto alla Mercedes, ma è stato staccato in modo inesorabile. Anche senza la tattica su due soste, che poi lo ha costretto a risalire, Seb non avrebbe vinto: «La Mercedes oggi era più veloce di noi».
GRAZIE Così, alla fine, il ferrarista deve dire graz ie al compagno di squadra Kimi Raikkonen, autore di una gara cominciata in sordina e terminata in modo caparbio, il quale gli ha lasciato strada a 4 giri dalle fine affinché perdesse meno punti possibile da Hamilton. Il finlandese è salito sul terzo gradino del podio, ma solo grazie ai 5” di penalità inflitti a Max Verstappen, che lo aveva superato con un sorpasso show all’ultimo giro, ma ha pagato l’avere messo quattro ruote fuori pista. Un peccato (e polemiche) per l’olandesino volante, guerriero del giorno, che aveva rimontato come una furia dalla sedicesima posizione di partenza, dopo la penalità nelle prove per la sostituzione del motore. NO EPURAZIONI Al presidente Sergio Marchionne, arrivato poco prima della gara, non è rimasto così che assistere alla sconfitta dei suoi piloti, finiti alle spalle di Hamilton. «Ma noi ci proveremo fino alla fine – ha ripetuto –. Non ha senso mollare adesso. Così come non ha senso parlare di sostituzioni al vertice (Binotto al posto di Arrivabene; n.d.r.) o di cambiare una struttura che si è dimostrata vincente fin a qui. Sono solo voci che rompono le scatole. Le responsabilità vanno distribuite fra piloti e squadra, perché Vettel sa di avere fatto qualche cavolata (Singapore; n.d.r.) e anche il team ne ha commesse». E così il sorriso, anche per quest’anno, è destinato a rimanere sulla faccia di Toto Wolff e dei tedeschi, vincitori del Costruttori. In attesa che Marchionne provi di nuovo a strapparglielo nel 2018. C’è fiducia in una vettura che, a parte i guai di affidabilità, è cresciuta con gli sviluppi come non succedeva da anni e che ne beneficerà anche la prossima stagione.
SPETTACOLO Intanto, il più felice è Hamilton che ieri ha eguagliato le 5 vittorie di Schumacher e Senna nel GP degli Usa, dimostrandosi il pilota fortissimo e sereno che questo Mondiale ha proiettato in un’altra dimensione. Dovevate vederlo duettare ieri con l’olimpionico Usain Bolt, dopo averlo portato a spasso per il circuito su una Mercedes GT. «Ho pensato che vomitasse», ha esclamato Lewis. Sul podio erano ancora lì a scherzare. E a pensarci non poteva esserci vincitore più azzeccato a completare lo spettacolo messo in piedi dagli americani di Liberty Media per la gara di casa, con tanto di Cheerleaders dei Dallas Cowboys a fare da vallette ed effetti speciali stile Hollywood. Un personaggio come Lewis, vera rockstar della F.1, è l’uomo copertina perfetto per questo Mondiale e questa epoca dei GP. Ci teneva in modo speciale a vincere, per rispondere a Trump e dare un segnale in favore dei diritti dei neri d’America. Beh, un bel calcio ai pregiudizi.