LA SVOLTA DI MAX E QUELLA DEL DIAVOLO
Dopo un punto in due partite e tanti appelli di Allegri a una Juve «sconnessa», serviva un evento traumatico...
Dopo un punto in due partite e tanti appelli di Allegri a una Juve «sconnessa», serviva un evento traumatico. Ritrovarsi in svantaggio a Udine e poi in dieci al 25’ del primo tempo ha avuto l’effetto di un defibrillatore: il cuore della Signora ha ripreso a ritmare battiti antichi. Ha urlato 6 gol in una serata sola con una rabbia agonistica quasi dimenticata. La tripletta di Khedira, il guerriero, è il simbolo migliore della possibile «svolta di Udine», perché è in quella zona, davanti alla difesa, che la «Juve sconnessa» ha sofferto finora. Resta una zona d’ombra: i 2 gol subiti, le nuove incertezze della retroguardia e l’inedita arrendevolezza di Chiellini davanti a Perica. Non è roba da Juve antica. Ma, prima di brindare, la concorrenza consideri un aspetto: da ieri la Juve ha il miglior attacco del torneo (27 gol), sì, anche più del celebrato luna-park di Sarri. Significa che nell’impossibilità di ripararsi dietro la storica BBC (tra un Bonucci partito e un Chiellini invecchiato), la Juve ha cambiato pelle per prolungare la tirannia: segnare di più sapendo che ne prenderà di più. Intanto è risalita a un punto dall’Inter e a 3 dal Napoli. Al suo fianco vola la Lazio di Immobile che ha steso il Cagliari.
Dovesse vincere il recupero con la Samp, la Roma sarebbe lì a ridosso. Finora Di Francesco è stato abile a guidare a fari spenti. E’ un valore aggiunto: per costituzione e vissuto, Eusebio ha personalità d’amianto in una piazza torrida. E soprattutto sa insegnare e comunicare. Ieri smanettando bene il turnover, ha ottenuto dalla sua Roma la disponibilità a soffrire nonostante le energie spese nella battaglia di Londra. E poi ha Dzeko e la mediana più completa della Serie A. Undici vittorie di fila in trasferte di campionato significano personalità. Se Di Francesco non firma per il secondo posto, fa bene. Il Toro, 2 punti nelle ultime 4 partite, sta diventando triste. Ok Belotti, ma Mihajlovic, invece di parlare solo degli «errori individuali» dovrebbe cominciare a considerare le proprie responsabilità. Anche ieri i granata hanno faticato a costruire (0 tiri in porta) e a recuperare palla, imperfetti nelle due fasi. Con tanta qualità a disposizione, imbarazza il sorpasso del Chievo. Gasperini e Giampaolo, con rose meno attrezzate, divertono molto di più.
Leonardo Bonucci ha spostato gli equilibri di Milan-Genoa con una gomitata doppiamente assurda nell’era della Var. In dieci i rossoneri non sono riusciti a superare il Genoa e ad accorciare una classifica avvilente. Ha perso peso il test del nuovo assetto tattico che pur in avvio aveva dato segnali incoraggianti. Ma non è banale la reazione morale dei rossoneri che hanno nascosto l’inferiorità raddoppiando gli ardori. E’ come se al Diavolo fosse spuntata un’anima nel momento in cui è uscito l’Uomo Anima, che ha avuto i fari in faccia da quando è arrivato ed è entrato in ogni scelta: dalla fascia, alla dieta, alle macchine da palestra. In spogliatoio non tutti hanno gradito anche perché in campo Bonucci ha influito molto meno. La Svezia che affronteremo allo spareggio è diventata squadra quando ha perso Ibra, altro Uomo Anima, e il gruppo si è spartito le responsabilità. Potrebbe accadere al Milan nelle prossime partite con Chievo e Juve. Il recupero della difesa a 4, come intuito ieri, potrebbe restituire antiche sicurezze; Suso ritrovare lo smalto perduto. In fondo, lo scorso anno il Diavolo sconfisse la Juve senza Leo e con la difesa a 4. Due buoni risultati porterebbero la svolta tanto attesa da Montella. A quel punto Bonucci potrebbe rientrare con nuova umiltà e rendersi utile alla causa. Senza la pretesa di salvare il mondo.